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Non solo aziende. Anche gli studi di architettura e artistici scelgono modalità flessibili di progettazione e di dialogo con la città. Ne parliamo con Pasquale Piroso, fondatore de Lo Studio di Architettura LOFT CANOVA a Roma
Come è cambiata la storia del vostro studio e in che modo è diventato un hub?
L’indole di Loft Canova è sempre stata caratterizzata dall’amore per l’arte e l’architettura che abbiamo inserito in ogni nostro progetto. Siamo tuttora uno studio, ovviamente, ma ci siamo estesi e rinnovati come hub circa quattro anni fa quando abbiamo preso un altro spazio adiacente a quello già sito in Palazzo Canova e li abbiamo fusi. Un ampliamento che è stata però un’occasione per cambiare la nostra modalità di lavoro e creare un hub di scambio, confronto e relazione dedicato alla cultura, arte e design, strumenti del nostro lavoro quotidiano. Uno spazio variabile e funzionale nel quale allestire progetti artistici e architettonici e dove invitare professionisti di entrambi i settori coi quali ripensare anche il rapporto con la città di Roma. In questo modo possiamo condividere le nostre idee e lo studio non rimane chiuso ma si apre verso l’esterno.
Questa modalità di lavoro all’insegna della “variabilità”, come l’ha definita, della flessibilità quindi e della relazione, come si articola e in che modo incide nella gestione dei vostri progetti?
Credo sia la parte più difficile, che deve essere alimentata criticamente ogni giorno. L’obiettivo è quello di creare i presupposti per una “fusione” tra l’interno dello studio e l’esterno, con le persone e il contesto urbano che accoglie i nostri lavori. Penso sia una condivisione biunivoca di pratiche di costruzione e a Roma questo si traduce in uno sforzo perché, dobbiamo ammetterlo, qui siamo un po’ indietro rispetto ad altri contesti, faccio riferimento ad esempio a Milano.
A proposito della rete costruita in questi anni, quanti professionisti fanno parte dello studio, in che modo si relazionano con gli artisti e con quale istituzioni lavorate?
Negli ultimi anni, abbiamo inziato a comunicare i nostri lavori in maniera diversa, adattandoci ai cambiamenti e facendo ricorso all’innovazione tecnologica del 3D e/o del Metaverso, nel quale possiamo far vedere al cliente il prototipo di ciò che verrà realizzato determinando una fruizione diretta dell’architettura.
Il vostro progetto è dunque ricettivo rispetto alle nuove modalità di lavoro e alle esigenze del presente: qual è la vostra attenzione alla sostenibilità e in che modo la perseguite nella scelta dei materiali?
Da circa tre anni abbiamo inserito come partner del nostro studio aziende che promuovono l’attenzione all’ambiente e con loro creiamo materiali green d’arredo, come ad esempio l’azienda Stay Green. Oppure, come accennavo prima, ci dedichiamo all’energia alternativa con realtà come Corradi Outdoor e Guzzini, con quest’ultimo abbiamo illuminato la Casina Valadier interamente con impianto a LED; ma anche Viessman e Mirage coi quali lavoriamo su materiali che siano meno impattanti.
Cosa avete “in cantiere” per il 2023?
Continueremo a dedicarci all’ambiente e a implementare lo studio relativo a nuovi materiali. Stiamo proprio finendo di realizzare in Calabria a Badolato (CZ) un progetto, chiamato RESPIRATERRA, di case sopraelevate totalmente in legno e autosostenibili grazie all’uso di pannelli fotovoltaici e al recupero dell’acqua piovana. Questo sarà un futuro spazio di residenza per gli artisti emergenti e una nuovo modello di relazione e condivisione del lavoro.
Lucia Medri
L'articolo Pasquale Piroso (Loft Canova): lo studio è uno spazio “variabile” aperto alla città e all’ambiente proviene da WeWelfare.
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