«Ilva, il piano Mittal non rispetta l'accordo». Martedì l'incontro al ministero

«Ilva, il piano Mittal non rispetta l'accordo». Martedì l'incontro al ministero
ROMA «Il piano che Mittal ha presentato non riflette le volontà del governo per Taranto e non rispecchia neppure l'accordo del 4 marzo». È sera...

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ROMA «Il piano che Mittal ha presentato non riflette le volontà del governo per Taranto e non rispecchia neppure l'accordo del 4 marzo». È sera quando il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, convoca i sindacati (e non l'azienda) al Mise per il 9 giugno e decide di rompere il silenzio rendendo pubblico, attraverso il Tg1, quello che alcune indiscrezioni già dalla mattina avevano fatto capire agli addetti ai lavori: il suo profondo disappunto per un piano che ridimensiona tutte le recenti intese e in particolare manda alle ortiche l'accordo del 4 marzo scorso tornando a cinquemila esuberi (3.300 tra i dipendenti attuali, più i 1700 in capo all'Ilva As in cig). Patuanelli va all'attacco e accusa il gruppo franco-indiano di prendere al volo tutte le scuse possibili per cambiare le carte in tavola.


Ilva, piano di Mittal: oltre 3 mila esuberi. Patuanelli: così non va, lascino pure

«Da settembre Mittal ha detto che prima c'era un problema per l'acciaio in generale, poi ha usato la scusa dello scudo penale e oggi invece dice che il Covid avrà un effetto per ben tre anni sul mercato dell'acciaio». Il piano di Mittal prevede una produzione ridotta (sei milioni di tonnellate) e quindi gli esuberi fino al 2023, e solo se dovessero verificarsi tutta una serie di condizioni parla di produzione in aumento a 8 milioni di tonnellate nel 2026 e conseguente riassorbimento degli esuberi. Nessun impegno preciso quindi nel lungo periodo. Cosa che ha fatto andare su tutte le furie i sindacati.

Pur andandoci giù duro, però, Patuanelli non chiude completamente le porte. Anzi. Nella stessa dichiarazione lancia un nuovo appiglio ai franco-indiani. «Io credo che bisogna ripartire dall'accordo del 4 marzo e continuare su quella strada» dice. «Coniugare ambiente e lavoro a Taranto è il programma di governo e questo governo lo vuole attuare. Riteniamo che sia compatibile e pensabile un impianto moderno, nuovo e all'avanguardia che diventi il fiore all'occhiello d'Europa per la produzione d'acciaio a ciclo integrato. Noi ci crediamo, vogliamo capire se anche la controparte ci crede». Secondo fonti aziendali è un cambio di tono sostanziale rispetto all'altra mattina quando lo stesso ministro dichiarò che lo Stato è pronto a riprendersi le fabbriche e se ArcelorMittal «vuole lasciare, lasci pure» pagando la penale concordata.

IL GIALLO

Intanto monta il giallo sul prestito di 800 milioni (di cui 200 a fondo perduto) che il gruppo avrebbe chiesto a Sace con la procedura stabilita dal decreto liquidità. Secondo alcune fonti al momento non risultano presso le banche richieste di prestito garantito per Ilva/Arcelor Mittal, tantomeno in Sace. L'azienda sul punto non si pronuncia. Alzano la voce invece i sindacati. Tra l'eventuale prestito garantito, il finanziamento a fondo perduto e le risorse che dovrebbe mettere lo Stato per l'Ilva green, si arriverebbe a due miliardi di euro. «Mi domando con quale faccia ArcelorMittal chiede 2 miliardi al governo italiano mentre distrugge la più grande acciaieria europea e il cuore della siderurgia italiana, con ripercussioni ambientali, occupazionali ed economiche drammatiche» commenta scandalizzato il leader Uilm Rocco Palombella.

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Il Messaggero