Fondi pensione, il 2022 anno nero: i rendimenti perdono il 10 per cento

Nello stesso periodo il Tfr lasciato in azienda si è rivalutato dell’8,3%

Fondi pensione, il 2022 anno nero: i rendimenti perdono il 10 per cento
Una vera e propria batosta: i rendimenti dei fondi di previdenza integrativa nel 2022 hanno perso in media il 10%. Nello stesso periodo il Tfr lasciato in azienda si è...

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Una vera e propria batosta: i rendimenti dei fondi di previdenza integrativa nel 2022 hanno perso in media il 10%. Nello stesso periodo il Tfr lasciato in azienda si è rivalutato dell’8,3%. Lo rivela l’ultimo report della Covip, la commissione vigilanza sui fondi pensione. Nel primo caso non ha aiutato l’andamento negativo dei mercati azionari. Nel secondo caso (Tfr) invece ha influito l’alta inflazione (attraverso il meccanismo automatico di rivalutazione). 

Tfr quindi batte fondi di previdenza integrativa? Nel 2022 si. In un orizzonte più lungo - «proprio del risparmio previdenziale» - invece la partita resta aperta. Nei dieci anni tra l’inizio del 2013 e fine 2022, ad esempio, a fronte di una rivalutazione annua del Tfr pari al 2,4%, «il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato pari al 2,2% per i fondi negoziali, al 2,5% per i fondi aperti». 

Si tratta di dati molto importanti anche per il confronto sulla riforma della previdenza. Perché di fronte a questi risultati, la tesi che i fondi di previdenza complementare siano indispensabili per chi, come gli attuali giovani, rischia di avere in futuro una pensione quasi da fame, vacilla. A meno che non vengono rafforzate notevolmente le agevolazioni fiscali. 

 

 

I DATI

Nel dettaglio nel 2022 i rendimenti netti sono stati pari al -9,8% per i fondi negoziali, al -10,7% per i fondi aperti e del -11,5% per i PIP (Piani pensionistici individuali). Gli iscritti sono aumentati (+5,4% pari a 564.000 posizioni in più) arrivando a 9,2 milioni. Circa la metà dei nuovi iscritti sono “obbligati” : 200.000 arrivano dai contratti collettivi che prevedono l’iscrizione automatica dei nuovi assunti; 80.000 sono i neoassunti del pubblico impiego per i quali è scattato il silenzio-assenso. Sono aumentate anche le entrate da contributi (+4,2% per un totale di 13,9 miliardi di euro ), ma le risorse a disposizione della prestazioni sono diminuite di 7,7 miliardi di euro attestandosi a 205 miliardi di euro. 
 

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Il Messaggero