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Pensioni, con il nuovo anno cambiano alcuni paramentri. Perché gli aumenti degli assegni sopra i 2.100 euro slittano a marzo? Chi ha un assegno sopra i 2.101,52 euro dovrà aspettare ancora un po’ per vedere l’aumento. A chiarire le tempistiche è l’Inps in una nota nella quale spiega che nel mese di marzo 2023 «procederà ad attribuire la perequazione in percentuale in base all’importo annuale in pagamento, come previsto dall’art. 1 comma 309 della legge di bilancio. Nel mese di marzo saranno inoltre posti in pagamento anche gli arretrati riferiti ai mesi di gennaio e febbraio 2023».
LO SCENARIO
«Dal primo gennaio, l’Inps ha provveduto ad attribuire la rivalutazione delle pensioni e delle prestazioni assistenziali nella misura del 100% a tutti gli utenti che abbiano ottenuto in pagamento, nell`anno 2022, rate di pensione per un importo inferiore o uguale a 2.101,52 euro (quattro volte il trattamento minimo)», spiega l’Istituto nazionale di previdenza sociale.
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La rivalutazione delle pensioni di norma scatta per tutti gli assegni a gennaio, quando gli importi in pagamento l’anno precedente vengono aggiornati al valore stimato dell’inflazione dell’anno in corso.
LE MISURE
Rispetto al vecchio schema, tutti i trattamenti che superano i 2.626,90 euro circa, sono penalizzati. Gli assegni tra cinque e sei volte il minimo lordo, cioé tra 2.626,90 e 3.152 euro, avranno una rivalutazione del 53%. Chi prende una pensione di 3.150 euro lordi, circa sei volte il minimo, si troverà quindi con circa 121 euro in più. «La rivalutazione delle pensioni prevista nella Legge di Bilancio ha un effetto punitivo per i pensionati sopra i 2.500 euro di pensione lorda, finendo per colpire quelli che hanno pagato di più in tasse e contributi - ha spiegato in un’intervista al Corriere della Sera il professor Alberto Brambilla, presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, tra i massimi esperti di politiche del lavoro, welfare e previdenza sociale - . Per dare un’idea numerica della enorme svalutazione delle pensioni nel decennio dal 2024 al 2033, ipotizzando un’inflazione molto prudenziale del 2% annua, le rendite di 2.500 euro lordi perdono circa 13 mila euro, quelle da 5.253 euro lordi circa 69mila euro». Oltre ad avere rivalutazioni più basse rispetto a quelle che avrebbero avuto in passato, adesso questi pensionati sono anche quelli che dovranno aspettare di più per vedere gli aumenti.
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Il Messaggero