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Il 2021 sarà davvero l’anno del Big Bang nel settore bancario? Credem-Banca Asti, Banco Desio e Brianza-Cassa Lombarda, Banca Sella-Banca Passadore, mentre a Sant’Ambrogio il cda di Consulia ha dato l’esclusiva ad Attestor Capital: le prime tessere sono già sul tavolo. Ma il gioco del domino nella fascia medio-piccola si muove in modo ancora disordinato, risucchiando al centro la Popolare di Sondrio, l’”ultimo dei mohicani” in forma di cooperativa, che attende il verdetto del Consiglio di Stato sulla trasformazione in spa. Dei 110 gruppi bancari oggi operativi (a parte le filiali di istituti esteri), secondo alcuni banchieri coinvolti ne resteranno una settantina nei prossimi cinque anni, nonostante il pressing delle Autorità e le necessità di scala dettate dal Fintech, dai massicci investimenti in tecnologie, dai tassi negativi, dagli Npl in salita e dalle conseguenze post Covid. Se il banchiere Carlo Messina ha profetizzato un consolidamento della fascia alta mediante la nascita di 2-3 grandi gruppi (Intesa Sanpaolo-Ubi già in cammino, più le ipotesi Agricole-Creval, Unicredit-Mps e Banco Bpm-Bper), nel secondo anello del sistema è ancora tutto fluido, con alcune pedine che potrebbero restare stand alone per vocazione e/o campanile (specie tra le popolari) e altre con velleità di poli aggreganti.
INTRAPRENDENZA
Una di queste, tra le più intraprendenti, è il Credem, la banca che la famiglia Maramotti controlla al 78%. Negli ultimi 30 anni ha condotto una campagna acquisti serrata al Sud: su 460 sportelli, circa 180 sono situati tra la Campania e la Sicilia. Per questo, avendo da poco acquisito la maggioranza di Cassa Cento con l’innesto di un rappresentante nel cda, nelle more dell’integrazione da realizzare nella prossima estate si guarda attorno con il mirino puntato verso la parte alta della penisola. Sondrio, Banca Asti, Banca Valsabbina sono le potenziali opzioni, purché conciliabili con i paletti piantati dai Maramotti in difesa del modello di business e soprattutto della propria influenza nella gestione.
LE CANDIDATE NATURALI
Ecco che questa discriminante taglia fuori non poche candidate naturali al merger, di cui pure in passato si era parlato a proposito di colloqui mai andati a buon fine: per esempio il Banco Desio delle famiglie Lado-Gavazzi e la Banca Sella della famiglia omonima, anch’esse con una governance dove dietro la volontà di protezione del modello di business si cela la volontà di voler conservare il comando. E siccome i matrimoni si fanno quando c’è una chimica, va registrato che da quelle parti prevalgono soprattutto le rivalità. Così la banca reggiana guidata con efficacia da Nazzareno Gregori, appena possibile proverà a crescere ancora, come ha fatto a partire dal 1991 quando assorbì l’Istituto bancario siciliano, la Banca di Girgenti, Paternò, tre pugliesi (Tamborrino Sangiovanni, Dauna, Andriese), le campane Creditwest e comuni vesuviani, Popolare di Napoli e qualche Cassa in Calabria. Adesso l’obiettivo si dirige è verso il Nord Ovest dove la rete commerciale appare più rada. Per esempio in Piemonte c’è la Banca di Asti, controllata da tre fondazioni (Asti, Biella, Vercelli) oltre a Banco Bpm e soci privati locali, ben gestita dal dg Carlo Demartini che potrebbe valutare combinazioni di aggregazione, approfittando della necessità di assicurare dividendi alle fondazioni-azioniste che nei prossimi anni Bce potrebbe autorizzare solo in banche in equilibrio e solidità patrimoniale, dipendenti anche dalle dimensioni.
IL RICHIAMO DELLA FORESTA
Nel gioco dei matrimoni potrebbero influire identità culturali e territoriali.
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