Il lungo, intricato e faticoso iter della legge annuale sulla concorrenza (che poi annuale non è perché è solo la terza da quando fu istituita nel 2009 ad...
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Eppure, già nel 2009, anno di istituzione della legge annuale sulla concorrenza, la Banca d’Italia aveva evidenziato che se in alcuni settori si giungesse a livelli di concorrenza analoghi a quelli degli altri Paesi dell’area euro il Pil potrebbe aumentare nel medio periodo dell’11 per cento. La leva della concorrenza è quindi una leva fondamentale per la politica economica oltre che per l’equilibrato funzionamento dei mercati e per redistribuire le opportunità tra i cittadini e le imprese.
Quanto alla meritocrazia, che della concorrenza è gemella, è stato recentemente messo a punto per la prima volta da un team di ricercatori dell’università Cattolica il meritometro, il primo indicatore di sintesi e misurazione dello stato del merito in un Paese. Un indicatore basato su i sette pilastri del merito: libertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti, regole, trasparenza, mobilità. Per ognuno di questi pilastri è stato scelto un indice o una graduatoria internazionale di riferimento (ad esempio per la libertà l’index of economic freedom e per la trasparenza il corruption perception index). Ebbene, mettendo insieme queste graduatorie, l’Italia, quanto a meritocrazia, si conferma in ultima posizione nel ranking complessivo e in quello relativo ai singoli pilastri tra i dodici principali paesi europei considerati, a quaranta punti di distacco dalla Finlandia, trenta dalla Germania, venti dalla Francia, sedici dalla Polonia e dodici dalla Spagna. Questo significa che se non si avviano al più presto politiche e azioni di rafforzamento su tutti i pilastri, a cominciare da quelli che riguardano più direttamente il futuro dei giovani e la capacità del Paese di generare opportunità, la decadenza procederà.
Così come per la concorrenza, puntare sulla meritocrazia significa favorire ancora la crescita e liberare le vere risorse del Paese. Se decine di migliaia di giovani talenti o laureati di buon livello fuggono all’estero ormai da vario tempo è proprio perché l’Italia è diventata una società mangiagiovani e l’ascensore sociale si è bloccato grazie anche alla sostanziale assenza di meccanismi e canali meritocratici nell’università, nella pubblica amministrazione e in varie aree del mondo del lavoro.
Forse perché, grazie al meccanismo di selezione e alla legge elettorale vigente, sono andati a sedersi sui loro scranni parlamentari grazie a tutto tranne che a meccanismi di sana concorrenza e meritocrazia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero