(Teleborsa) - Non c'è tre senza quattro. La premier britannica Theresa May non si arrende e si aggrappa alla speranza che il Parlamento possa approvare un accordo di uscita...
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La numero uno del governo britannico, dunque, non sembra affatto disposta a cedere alle pressioni delle opposizioni e neanche a dimettersi, come aveva preannunciato alla vigilia del terzo voto. Piuttosto la May sta ora lavorando per trovare consensi al suo accordo o quantomeno far votare un piano B.
Data cruciale dunque quella di lunedì 1 aprile quando il Parlamento britannico si riunirà nuovamente per votare le indicazioni che emergeranno su un ipotetico piano B. A questo punto Theresa May potrebbe decidere di calendarizzare un quarto voto in settimana che potrebbe essere l'ultimo, in vista della stringente scadenza del 12 aprile cui è stata prorogata la Brexit, rispetto alla data originaria del 29 marzo fissata dall'articolo 50 del Trattato Ue.
Una cosa è certa, è ormai esclusa una proroga più lunga e la partecipazione della Gran Bretagna alle elezioni europee del 22 maggio, ipotesi bocciata, ieri 29 marzo 2019, dall'aula del Parlamento britannico. Restano invece in piedi tutte le altre ipotesi: il no Deal, ovvero l'uscita con uno strappo e senza alcun accordo commerciale definito con l'Ue; una soft Brexit, cioè un'uscita dall'Unione Europea sul modello della Norvegia, con accordi privilegiati verso l'Ue e la permanenza nell'Unione Doganale (ipotesi appoggiata dal leader laburista Jeremy Corbyn); un nuovo referendum che rimetterebbe in discussione la scelta di uscire dall'Ue; elezioni anticipate in Gran Bretagna a seguito delle dimissioni della Premier May. Tutte ipotesi ancora percorribili e con un unico limite, la scadenza imminente del 12 aprile. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero