Banca Mondiale, crisi del Libano tra le peggiori al mondo dal 1850 ad oggi

Banca Mondiale, crisi del Libano tra le peggiori al mondo dal 1850 ad oggi
(Teleborsa) - Il Libano sta attraversando una grave e prolungata depressione economica, tanto che l'ultimo Economic Monitor della Banca Mondiale sul Paese mediorientale la colloca...

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(Teleborsa) - Il Libano sta attraversando una grave e prolungata depressione economica, tanto che l'ultimo Economic Monitor della Banca Mondiale sul Paese mediorientale la colloca tra le prime 10, forse prime 3, crisi più gravi a livello globale dalla metà del diciannovesimo secolo. "Di fronte a sfide colossali, la continua inazione politica e l'assenza di un'autorità esecutiva pienamente funzionante minacciano condizioni socio-economiche già disastrose e una fragile pace sociale senza un chiaro punto di svolta all'orizzonte", scrive la World Bank nel suo rapporto.


La Banca Mondiale stima che nel 2020 il PIL reale del Paese si sia contratto del 20,3%, sulla scia di una contrazione del 6,7% nel 2019. In altri termini, il PIL del Libano è precipitato da quasi 55 miliardi di dollari nel 2018 a 33 miliardi di dollari nel 2020, mentre il PIL pro capite è diminuito di circa il 40%. "Una contrazione così brutale è solitamente associata a conflitti o guerre", sottolinea la Banca Mondiale, la quale prevede un'ulteriore contrazione del 9,5% nel 2021.
"Il Libano affronta un pericoloso esaurimento delle risorse, compreso il capitale umano, e la forza lavoro altamente qualificata è sempre più probabile che colga potenziali opportunità all'estero, costituendo una perdita sociale ed economica permanente per il Paese - ha affermato Saroj Kumar Jha, direttore regionale della Banca mondiale per la regione del Mashreq - Solo un governo orientato alle riforme, che intraprende un percorso credibile verso la ripresa economica e finanziaria, lavorando a stretto contatto con tutte le parti interessate, può invertire l'ulteriore sprofondamento del Libano e prevenire una maggiore frammentazione nazionale". Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero