Bankitalia, il governatore Visco: «Sofferenze banche un problema, ma non bisogna sovrastimare»

Bankitalia, il governatore Visco: «Sofferenze banche un problema, ma non bisogna sovrastimare»
L'Italia sta uscendo lentamente e con un po' di esitazione da una lunga crisi. L'economia inizia a dare segnali di miglioramento, ma la ripresa è...

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L'Italia sta uscendo lentamente e con un po' di esitazione da una lunga crisi. L'economia inizia a dare segnali di miglioramento, ma la ripresa è comunque deludente: «Si deve, si può fare di più». Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco non lascia dubbi sulla necessità e sulla possibilità di intervenire ancora per far recuperare all'Italia il terreno perduto, superando così il gap che ci separa dai nostri partner europei.


La sua ricetta passa per alcuni punti cardinali: dal rilancio degli investimenti pubblici a un'ulteriore riduzione del cuneo fiscale. Senza tuttavia tralasciare il nodo della disoccupazione, quello del debito pubblico, e ribadendo i passi essenziali ancora da compiere per riportare anche le banche al loro tradizionale ruolo di motori primari della ripresa economica. Ma al di là dei confini nazionali, in un'Europa alle prese con problemi della portata dell'immigrazione, Visco invoca un comune «salto di qualità» per non erigere barriere dannose che ostacolino l'Unione.

Inaugurando la nuova era delle Considerazioni Finali, non più pronunciate in concomitanza con l'assemblea dell'istituto (che si è riunita invece il 28 aprile scorso per approvare il bilancio), il numero uno di Bankitalia ha ricordato quanta parte nella ripresa abbia giocato l'operato della politica monetaria. Ma non ha tuttavia mancato di riconoscere il valore positivo delle misure e delle riforme messe in campo dal governo. «Vi sono chiari segnali positivi, soprattutto per la domanda interna», ha detto osservando però che «l'attività economica rimane lontana dai livelli precedenti la crisi». La ripresa quindi «è ancora da consolidare».

Alla luce di questa situazione «per sostenere una ripresa più rapida e duratura - dice il governatore - è necessario il rilancio di investimenti pubblici mirati», ma anche «un'ulteriore riduzione del cuneo fiscale gravante sul lavoro», così come il rafforzamento di incentivi per l'innovazione e il sostegno ai redditi dei meno abbienti. Al governo Visco suggerisce che, se per queste misure oggi ci sono margini di bilancio limitati, è comunque possibile programmarne l'attuazione «su un orizzonte temporale più ampio».

Effettivamente nell'immediato gli spazi di azione sono abbastanza risicati: avverte infatti che l'evoluzione del contesto macroeconomico rischia di ostacolare il conseguimento della riduzione del rapporto debito/pil nel 2016. Dovrebbero venire dunque in soccorso uno stretto controllo dei conti pubblici e la realizzazione del programma di privatizzazioni per permettere di avvicinare il più possibile tale rapporto a quanto programmato e garantirne una riduzione significativa nel 2017.

Nella sua descrizione di uno scenario in chiaro scuro Visco cita poi i passi avanti del Mezzogiorno, ricordando che però «i divari rispetto al Paese hanno continuato ad ampliarsi», e parla della ripresa dell'occupazione, a cui fa tuttavia da corollario una disoccupazione che «resta troppo alta». C'è anche il problema della aziende, che mostrano sì segnali di maggior vitalità, ma che nel complesso restano sempre deboli anche perché troppo piccole e frammentate. Inevitabile inoltre un richiamo alla legalità, tema da sempre caro a Visco, ritenuta la «condizione cruciale per lo sviluppo».


Per le banche, il governatore predica una maggiore snellezza nella struttura e l'aggregazione tra realtà più piccole. E, infine, preoccupato per la deriva opportunistica che sembra rischiare l'Europa alle prese con vari problemi, non ultimo quello dell'immigrazione, Visco chiama in aiuto il credo di Altiero Spinelli per lasciare un messaggio di conciliazione alla platea di palazzo Koch. Erigere barriere, afferma, «ha ben poche probabilità di riuscita; causa danni certi e ingenti». E così come predicato sessant'anni fa dall'europeista, «ancora serve un'unione "che spezzi decisamente le autarchie economiche"».



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Il Messaggero