Giappone, ministra delle pari opportunità non vuole che le donne sposate mantengano il proprio cognome

Giappone, ministra delle pari opportunità non vuole che le donne sposate mantengano il proprio cognome
In Giappone le cose vanno a rovescio. Quasi un paradosso. La ministra giapponese per l'empowerment delle donne e l'uguaglianza di genere, Tamayo Marukawa, si è...

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In Giappone le cose vanno a rovescio. Quasi un paradosso. La ministra giapponese per l'empowerment delle donne e l'uguaglianza di genere, Tamayo Marukawa, si è clamorosamente opposta alla riforma che punta ad introdurre in Giappone la possibilità per le donne di mantenere il proprio cognome dopo il matrimonio.

Le donne giapponesi, quando si sposano, per legge assumono il cognome del marito visto che è ancora illegale avere cognomi diversi. Si tratta di una norma del codice civile che risale alla fine dell'Ottocento e che impone alle coppie la condivisione del cognome maschile. In Parlamento da tempo è in corso un braccio di ferro sfociato nella durissima presa di posizione della ministra Marukawa. Nel 2015 la Corte Suprema ha anche stabilito che l'obbligo di condividere i cognomi non viola la costituzione. 

Marukawa, che è anche ministro delle Olimpiadi, si è associata ai parlamentari del partito liberaldemocratico al potere (LDP) che vogliono opporsi a un cambiamento di politica. Nel frattempo non si placano le proteste di diversi gruppi femminili che hanno lanciato una sfida legale chiedendo persino un risarcimento per il trauma emotivo di dover prendere il nome del marito.

Come molte donne giapponesi, però, la ministra Marukawa, che è sposata con il deputato LDP Taku Otsuka, continua a usare il suo nome di nascita al lavoro mentre nei documenti ufficiali, usa il suo cognome legale da sposata Otsuka.

In un sondaggio di alcuni mesi fa il 70,6% degli intervistati ha affermato che non gli importava se le coppie sposate usassero cognomi diversi. Solo il 14,4% sosteneva gli accordi attuali.

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Il Messaggero