Arredi urbani e città non a misura di donne, progettati su modelli maschili standard di 1,80 cm di altezza

Arredi urbani e città non a misura di donne, progettati su modelli maschili standard di 1,80 cm di altezza
Scale mobili dai gradini troppo alti, le maniglie delle porte non agevoli, dimensioni di certi mobili certamente non proprio alla portata di persone di sesso femminile di...

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Scale mobili dai gradini troppo alti, le maniglie delle porte non agevoli, dimensioni di certi mobili certamente non proprio alla portata di persone di sesso femminile di altezza media. Il fatto è che finora i sistemi proporzionali architettonici che sono stati adottati nel mondo fanno riferimenti a modelli maschili, disegnati da maschi con una visione del mondo maschile. La riflessione che in Gran Bretagna si sta facendo largo riguarda proprio la necessità di rivedere l'architettura interna ed esterna, a cominciare da come sono organizzate le città, i disegni urbani così come il design industriale che finora ha mantenuto una impronta maschile standard ben poco rispettosa delle dimensioni femminili.

Non c'è bisogno di andare al sistema proporzionale stabilito da Le Corbusier negli anni Quaranta e tarato su un poliziotto inglese di media statura, alto attorno a 1,80 cm. Da sempre tutto sembra essere stato predisposto per un essere umano di sesso maschile di altezza compresa tra 1,75 e 1,80 cm.

Un modulo base che certamente non teneva conto delle donne, dei bambini e dei disabili. Il problema si è riaperto in questi giorni nel Regno Unito per merito di una mostra chiamata How We Live Now, Come viviamo ora, nella quale viene documentata la discriminazione (non voluta ma effettiva) di un mondo urbano fatto più per la parte maschile che non per quella femminile.

I creatori della mostra, ha raccontato il Guardian, «non hanno suggerito alcuna discriminazione intenzionale ma semplicemente l'incapacità da parte degli architetti maschi di prevedere ciò che le donne effettivamente fanno e di cosa hanno bisogno negli spazi da loro abitati».

Naturalmente il dibattito non è nuovo e va avanti dagli anni Ottanta quando un gruppo di donne inglesi diedero vita ad un manifesto rivoluzionario nel quale misero a fuoco le difficoltà medie incontrate da mamme, ragazze e bambini in un medio percorso urbano. Le difficoltà imponevano un approccio diverso. Matrix Feminist Design Co-operative nel manifesto scriveva: «le donne hanno una prospettiva diversa del loro ambiente rispetto agli uomini che lo hanno creato. Poiché non esiste una 'tradizione femminile' nel design degli edifici, vogliamo esplorare le nuove possibilità che il recente cambiamento nella vita e nelle aspettative delle donne ha aperto».

A quarant'anni di distanza i membri superstiti di Matrix hanno organizzato uno spazio sperimentale ad hoc. In una parte della mostra compare un complesso abitativo progettato da un architetto con i soliti errori grossolani: cucina troppo piccola, posizione delle aree di gioco per i bambini completamente separate dalle aree comuni principali, senza alcun collegamento visivo o acustico per la supervisione passiva. La riflessione porta lontano e punta a rivedere anche i moduli standard per la ridefinizione degli spazi, dei progetti e persino delle città. 


 

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Il Messaggero