Civitavecchia, la scelta del medico in pensione che torna in corsia

L'ospedale San Paolo di Civitavecchia
Per chi ha trascorso la maggior parte della sua vita in corsia, in tempi di emergenza, stare lontano dai suoi diventa difficile se non impossibile. E dare una mano si trasforma in...

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Per chi ha trascorso la maggior parte della sua vita in corsia, in tempi di emergenza, stare lontano dai suoi diventa difficile se non impossibile. E dare una mano si trasforma in un'esigenza. Con questo spirito è tornato in ospedale il dottor Germano Zampa, classe 1949, da meno di un anno in pensione. Stimato professionista ed esperto oncologo, non ha esitato a rispondere al grido di aiuto lanciato dal suo ultimo direttore generale, Giuseppe Quintavalle. E così dalla sua casa di Roma si è trasferito al Sunbay Park Hotel, la struttura messa a disposizione dalla Asl Roma 4 per tutti gli operatori sanitari che continuano a prestare servizio per aiutare i colleghi del San Paolo.

Nessuna paura, preoccupazione sì, però. «Ma questi sono gli inconvenienti del nostro mestiere. Non potevo starmene con le mani in mano - racconta dopo l'ennesima riunione mattutina per il passaggio delle consegne dei 25 pazienti ricoverati nell'unità Covid dell'ospedale - e quindi ho scelto di venire a dare una mano. Sono pur sempre un dottore e non potevo non rispondere a questa chiamata alle armi». Così ha scelto Civitavecchia e il San Paolo, l'ultimo ospedale dove ha prestato servizio dirigendo il reparto di Oncologia, dove è rimasto in contatto con i colleghi per consulenze e altro. «Durante i miei anni di servizio - continua - mi sono occupato di altro, come tutti sanno. Non ho tanta esperienza nel settore delle malattie infettive, ma ho trovato medici preparati e con tanta voglia di lavorare. Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo sulle pratiche e le tecniche di rianimazione o ventilazione. Ho poi un giovane nipote che lavora allo Spallanzani a cui mi rivolgo per consultarmi». Poi una riflessione sul momento. «Mai - afferma - avrei pensato o immaginato di dovermi confrontare con un nemico del genere. Insomma, di vivere questa esperienza come medico e come persona».

Per Zampa, abituato a combattere contro un nemico durissimo, il cancro, e vedere pazienti spesso non farcela, oggi la sfida è proprio il rapporto con i malati. «Un malato oncologico spesso ha una famiglia intera a sostenerlo nella battaglia e questo è fondamentale - commenta -. Invece chi si contrae il Covid e viene ricoverato e non ha altro rapporto se non con i sanitari che, nascosti sotto tutte le protezioni che il caso richiede, diventano irriconoscibili. Sapere che si spengono soli e senza il calore dei loro cari è un peso con cui noi medici e infermieri purtroppo ci confrontiamo ogni giorno».
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Il Messaggero