Hai il diritto di seguire Trump su Twitter?

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Se fosse un utente comune la notizia non farebbe scalpore e non rischierebbe di finire sui banchi di un tribunale. Ma poiché il protagonista della storia è il presidente degli Stati Uniti d'America, il tema non solo fa discutere molto in America, ma si è tradotto in una denuncia e chissà se in futuro possa essere considerato come un precedente giudiziario.


L'oggetto è la libertà di espressione garantita negli Usa nel Primo emendamento della Costituzione. E si intreccia con i social network, ossia con Twitter. Trump ha bannato sal suo account diverse persone che non condividevano le sue scelte politiche. Sette comuni cittadini, bloccati dal presidente, hanno creato il gruppo "Knight first amendment institute" presso la Columbia University e hanno fatto causa al presidente per violazione del Primo emendamento (il documento)

Jacob Sullum, giornalista di Reason.com, spiega nei dettagli quale è il punto della questione: l'account messo sotto accusa è @realDonaldTrump che ha 34 milioni di seguaci, circa 15 milioni di più dell'account  ufficiale @POTUS usato per scopi presidenziali.

Il profilo @realDonaldTrump viene in realtà utilizzato per discutere di temi governativi, come lavoro, affarri internazionali e spesso dà in anteprima notizie sulla politica della Casa Bianca. Anche nella descrizione del profilo si parla del 45° presidente degli Stati Uniti d'America e pubblica foto ufficiali della Casa Bianca. Insomma, come spiega Sullum, se il profilo fosse stato usato da Trumo per parlare dei suoi hobbies non ci sarebbero stati problemi, ma poiché espone temi ufficiali si pone un prbolema costituzionale se si impedisce a qualcuno di esprimere la propria opionione, anche se critica verso l'amministrazione. Secondo i cittadini che hanno fatto causa a Trump, l'account, creato nel 2009, è diventato un vero e proprio forum, alla stregua di un consiglio cittadino.


L'ultima battaglia del gruppo Cavaliere del Primo emendamento riguarda la mancata pubblicazione di un libro che parla della tortura messa in atto dal governo statunitense. Il gruppo ha inviato una lettera a sei senatori chiedendo loro di intervenire presso il Dipartimento della Difesa che blocca la pubblicazione del testo di Mark Fallon, che per 27 anni ha lavorato presso la NCIS. In qualità di ex dipendente, Fallon ha presentato al suo reparto il suo manoscritto per la revisione sette mesi fa e non se ne sa più nulla. 

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Il Messaggero