Lo smartphone e quella fretta di riempire un vuoto

Lo smartphone e quella fretta di riempire un vuoto
Tornare a frequentare luoghi affollati, primi fra tutti i mezzi pubblici, offre sguardi e spunti di riflessione a cui ormai non eravamo più abituati su...

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Tornare a frequentare luoghi affollati, primi fra tutti i mezzi pubblici, offre sguardi e spunti di riflessione a cui ormai non eravamo più abituati su un'umanità estremamente varia. È raro - ma questa non è una novità - trovare chi in metropolitana non impugni lo smartphone e non se ne stia a capo chino sullo schermo. C'è chi approfitta di quel tempo sospeso per lavorare, per chattare con gli amici, per scorrere le bacheche social. Alcuni sono più concentrati di altri, e proprio per questo suscitano curiosità.

Come quella donna sulla quarantina incontrata qualche giorno fa sulla Linea A della metro a Roma: entrata quasi di corsa, si è diretta senza nemmeno muovere gli occhi dal display verso il primo posto libero che, casualmente, era accanto a quello del sottoscritto. E allora la curiosità ha potuto più della discrezione: ho allungato l'occhio sullo schermo per capire quale attività fosse degna di una concentrazione così impenetrabile. Forse una mail di lavoro? Un messaggio di un ex? Ebbene, la donna stava scorrendo semplicemente avanti e indietro il menu delle app. Lo ha fatto per vari secondi, poi ha aperto Instagram, ha guardato la bacheca velocemente e ha richiuso l'applicazione. Poi ha aperto un sito di informazione, ha cliccato sulla prima notizia apparsa, ha fatto scorrere il testo senza leggerlo, l'ha richiusa. Stessa scena per app simili. L'impegno impellente era riempire il vuoto. Con altro vuoto.


andrea.andrei@ilmessaggero.it

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Il Messaggero