Sei Nazioni, il favoloso torneo che non ti spinge mai verso l'ultima spiaggia

Sei Nazioni, il favoloso torneo che non ti spinge mai verso l'ultima spiaggia
Toh che novità, riparte il Sei Nazioni, capitolo numero 16 per gli azzurri dell’epopea giunta alla 121a edizione, e l’Italia è ancora una volta candidata dai pronostici a...

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Toh che novità, riparte il Sei Nazioni, capitolo numero 16 per gli azzurri dell’epopea giunta alla 121a edizione, e l’Italia è ancora una volta candidata dai pronostici a fare il sacco delle botte. Il che, per inciso, pare continui a non interessare granché alla maggior parte delle folle crescenti degli appassionati - oggi sono attesi all’Olimpico almeno 60mila fedeli - e alle moltitudini di bambini e bambine che bussano alle porte dei club per imparare a fare meta nel rugby e anche nella vita. Ricordato che nel 2003, un battito d’ali visto che il Torneo si gioca appena dal 1883, gli azzurri affrontarono il Galles al piccolo Flaminio davanti a 8.000 (diconsi ottomila) fedeli perduti in mezzo ad altrettanti, se non di più, tifosi dei Dragoni, sale tuttavia la comprensibile richiesta di infilare di tanto in tanto una vittoria. Fino a quando, altrimenti, continuerà l’entusiasmo così poco italico nel sostenere una nazionale perdente? In realtà non è possibile saperlo, anche perché chi stila bilanci e non si fa ammaliare dai sentimenti continua a investire cospicue finanze su quella maglia azzurra, come colossale è il business generato ogni anno dal Torneo, i cui padroni restano golosi della presenza dell’Italia e del suo mercato certo più che degli eventuali suoi successi in campo. «E chissà che cosa accadrebbe - si sente dire al di là della Manica - se gli azzurri iniziassero pure a vincere». Già, tempo per rafforzare il movimento se n’è perso in questi 16 anni e bisogna assolutamente recuperare, ma l’ultima spiaggia - temuta da qualcuno - resta uno scenario ancora molto lontano dal favoloso mondo del Sei Nazioni.
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Il Messaggero