La scommessa del governo dei sindaci

La scommessa del governo dei sindaci
Per Matteo Renzi, è un motivo di vanto. Per alcuni osservatori quanto meno uno spunto di riflessione, se non di critica. In ogni caso il fenomeno è abbastanza evidente: il...

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Per Matteo Renzi, è un motivo di vanto. Per alcuni osservatori quanto meno uno spunto di riflessione, se non di critica. In ogni caso il fenomeno è abbastanza evidente: il presidente del Consiglio interpreta il suo mandato e l'azione di governo ispirandosi al ruolo svolto dai sindaci (e dunque da se stesso fino a poco tempo fa). Perché, spiega, sono vicini alla gente, conoscono i problemi, sono obbligati alla concretezza. la figura dell'amministratore locale insomma viene contrapposta abbastanza paertamente a quella del politico nazionale, propenso all'inconcludenza o peggio.


L'abbinamento in sé non è un'eresia, nemmeno a livello internazionale: in Francia ad esempio è addirittura normale che i politici di primo piano siano anche contemporaneamente sindaci, magari di un piccolo centro. Ma sarà vero che questa prospettiva è la migliore in cui porsi per governare un Paese complesso come l'Italia? Nelle prossime settimane si svolgerà un passaggio molto delicato, la riforma della dirigenza pubblica. Il governo ha ilustrato le proprie linee guida, anticipandone concretamente l'attuazione con le prime scelte per la riorganizzazione di Palazzo Chigi.

Proprio su questo terreno si sta manifestando l'approccio da primo cittadino: l'idea sembra essere quella di avere dirigenti-esecutori, che devono godere della piena fiducia del politico eletto, come avviene nei municipi, ed essere eventualmente rimossi in caso contrario. Così si toglie spazio ad una classe burocratica autoreferenziale, dicono i favorevoli. Ma si rischia anche di valorizzare solo fedeltà e appartenenza, ribattono i perplessi. Vedremo quale sarà il punto di equilibrio.
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Il Messaggero