La petizione anti-Belèn e il mito intramontabile della straniera

La petizione anti-Belèn e il mito intramontabile della straniera
Non passa giorno che i media non si occupino di Belèn. Si fidanza, si sfidanza, si sposa, va a Sanremo, dà scandalo, fa un figlio, eccetera eccetera. Io, finora, mi sono...

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Non passa giorno che i media non si occupino di Belèn. Si fidanza, si sfidanza, si sposa, va a Sanremo, dà scandalo, fa un figlio, eccetera eccetera. Io, finora, mi sono astenuta non avendo molto da dire a proposito di questa ragazza argentina che ha trovato l’America in Italia e qui da noi fa soldi a palate. Ora che c’è pure una petizione anti-Belèn da parte di chi vorrebbe chiudere il suo programma giudicato “maschilista”, è venuto il momento di discutere insieme con voi del fenomeno. Per quale motivo l’argentina piace tanto? E’ molto carina e ammiccante, sa muoversi in scena, è stata lesta ad afferrare al volo la grande occasione. Ma basta questo a creare un innamoramento di massa? Io penso che gli italiani abbiano ancora oggi un’attrazione irrefrenabile per tutto quello che è esotico. Nel terzo millennio, mentre le donne dimostrano ogni giorno di più qualità, spirito d’indipendenza e coraggio, il mito della “straniera” resiste. Un mito infantile e provinciale, anzi uno stereotipo che non fa onore a nessuno. Mi ha raccontato Maria Grazia Cucinotta che all’inizio della carriera, per lavorare come modella, doveva fingersi tunisina: da siciliana qual è, non l’avrebbero mai presa in considerazione. Vi sembra possibile? E oggi io mi domando: se Belèn fosse nata a Varese, a Potenza o a Carbonia, avrebbe lo stesso successo e gli stessi contratti milionari? Detto questo, prima di cancellare d’ufficio l’ennesimo show che veicola un’immagine convenzionale e tutto sommato umiliante della donna, bisognerebbe cambiare una buona volta la mentalità e la cultura che quell’immagine ha generato e continua ad alimentare. Nel frattempo l’unica arma, come ha suggerito la stessa Belèn ai suoi detrattori, è cambiare canale. Voi siete d’accordo?
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Il Messaggero