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La maschera era stata utilizzata per la prima volta in un fumetto di Alan Moore e David Lloyd, adattato per il grande schermo dai fratelli Wachowski (anzi, bisognerebbe dire fratello e sorella, perché uno dei due ha di recente cambiato sesso), i geniali autori di Matrix. Una specie di 1984 con tanto di Grande Fratello e cospiratore che cerca (e riesce) a far saltare in aria per davvero la Camera dei Comuni di Londra, per rovesciare un regime dittatoriale. Poiché il film è targato Time Warner, ogni volta che si acquista la maschera una percentuale va a questa grande società editoriale americana, in ragione di diritti d’autore. Un particolare, questo, che dovrebbe far riflettere chi scende in strada a protestare contro lo “strapotere delle multinazionali”.
Poiché le mode ormai diventano virali in breve tempo, la maschera di Fawkes (o di V per Vendetta) sono apparse di recente nelle proteste indette in Turchia, ma anche nella lontana Malaysia, dove si sono viste donne con velo integrale e maschera. La costrizione e il simbolo della ribellione si sono così unite in una unica immagine. L’Arabia Saudita, sempre molto repressiva in materia di diritti umani, è arrivata a vietare le maschere di Fawkes perché inciterebbero “alla violenza”, secondo i custodi dell’ortodossia. Difficile ignorare la potenza esplosiva di un’icona del genere. «Dietro questa maschera c’è un’idea - dice l’attore Hugo Weaving in una scena chiave del film - e le idee sono a prova di proiettile». Leggi l'articolo completo suIl Messaggero