In tribunale senza mini e flip-flop

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Decoro? Decoro. Il presidente del tribunale di Brindisi, Francesco Giardino, ha recuperato l'articolo ormai fuori produzione e l'ha riproposto agli stupefatti frequentatori del suo palazzo di giustizia: avvocati (avvocate soprattutto), impiegati, impiegate. imputati, imputate, frequentatori occasionali. L'avviso è affiso sul portone del tribunale, con nota protocollata: "Per evitare il reiterarsi di situazioni incresciose si informa che l'ingresso non è consentito alle persone vestite in modo non decoroso". Le solite travestite da vamp con la divisa degli ultimi trent'anni italioti (minigonna, maglietta aderente e adeguatamente scollata, tacco 12 da vera femmina), i maschi impacchettati nell'inquietante divisa estiva pantalone pinocchietto, ciabatte, maglietta e tatuaggio (il tatuaggio l'ho aggiunto io, su quello il dottor Giardino non si è espresso) sono avvertiti: al tribunale di Brindisi non li faranno entrare. Altrove, ancora, purtroppo sì. Sarebbe bello che l'editto di Brindisi comparisse negli altri pubblici uffici, scuole, sedi di lavoro. E comunque conforta che stavolta i soliti finti trasgressivi, sempre pronti a difendere la libertà di girare seminude nei pubblici uffici ma sempre distratti quando sotto attacco sono libertà sostanziali, siano stati accolti da una stanca eco. Qualcuno ha trovato sessista il decalogo di prescrizioni. Ma va. L'arroganza, il cattivo gusto e la mancanza di consapevolezza per cui ci si presenta in tribunale senza pensare a dove si sta andando, sono allegramente condivisi da entrambi i sessi. Trent'anni fa, nel suo "Elogio della mitezza" Norberto Bobbio anticipava quel che è stato il luogo comune degli ultimi tre decenni. Era obbligatorio mettere le mani avanti: "Non lo dico per fare il moralista eh". Già, non sia mai qualcuno dovesse pensarlo. "Nella società del benessere - scriveva Bobbio _ il moralista è considerato un guastafeste, uno che non sa stare al gioco, che non sa vivere. Moralista è diventato sinonimo di piagnone, di pedagogo inascoltato e un po' ridicolo, di predicatore al vento, di fustigatore di costumi, tanto noioso quanto, fortunatamente, innocuo". Poi, un giorno, un dottor Francesco Giardino si sveglia e annuncia di essersi stufato. Mi sbaglierò, ma potremmo essere alla vigilia della svolta. La parola moralista non è più l'anatema da scagliare per zittire obiezioni di buon senso. E se la brandiranno ancora, un bel chissenefrega li seppellirà.
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Il Messaggero