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ROMA La via pandemica al socialismo si è schiantata sulla decisione presa dal governo di riaprire. Non è bastato l’appello di un centinaio di professori opinionisti e ‘maitre a penser’, più o meno a stipendio fisso, a bloccare l’onda d’urto di quella parte di Paese al quale ristori e sostegni non hanno restituito nè il fatturato nè la dignità di un lavoro.
Il “ragionato” azzardo di Mario Draghi si fonda su quel mix di dati sanitari e grafici economici troppi spesso trascurati e che comunque non sono tra gli strumenti in uso di medici e virologi. Torna la politica, e decide, assumendosi anche dei rischi scegliendo di riaprire tra un paio di settimane ove è possibile.
Ma i prossimi quindici giorni sono anche quelli che serviranno al presidente del Consiglio per varare il Recovery Plan. Le consultazioni con i partiti sono iniziate e il Parlamento dovrà presto votare il Next Generation Ue in modo che il 30 aprile Draghi lo inoltri a Bruxelles.
Sinora Draghi, malgrado lo scontro sulle riaperture, è riuscito a tenere unita la maggioranza, ma un altro colpo alla strategia del precede governo è prevedibile che arrivi anche con il Piano del Next Generation Ue di cui non si conoscono i dettagli ma che si annuncia diverso dalla sommatoria dei polverosi progetti che da anni giacciono nei cassetti dei ministeri.
Il cambio di passo nella campagna vaccinale è evidente, adesso la sfida si sposta sulle riaperture affinché siano permanenti, e sul Recovery Plan. Dopo il compito più complicato: tenere ancora insieme la larghissima maggioranza in modo da evitare che il governo tutti - o quasi - si trasformi in un governo politico.
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