Nick Kyrgios è una specie di attimo fuggente del tennis. Devi coglierlo perché non sai mai se l’occasione si ripresenterà. Estro – o follia, fate...
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Che dire di uno che, nel primo punto del match prova a sorprendere l’avversario servendo da sotto, alla Michael Chang, e nell’ultimo game vince la partita scagliando quattro ace di fila a velocità inenarrabili? E poi c’è stato tutto il repertorio: passanti violenti, colpi no look, dropshot in serie e tweener acrobatici (anche quando non richiesti dalla situazione). Il Centrale ha gradito. E torna il solito dilemma sul sottile confine tra follia e talento di Kyrgios: senza quella follia avrebbe avuto una carriera migliore o è stata proprio quella follia a fare da base alla costruzione delle sue fortune tennistiche? Nel dilemma ci aggrappiamo alla sua ruvida lucidità. «Il mio torneo preferito? A me piace solo stare a casa, mi piace solo Canberra». Alla faccia dei ruffiani e di «Roma è uno dei miei tornei preferiti».
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Il Messaggero