Nick Kyrgios, l'attimo fuggente del tennis mondiale

Nick Kyrgios
Nick Kyrgios è una specie di attimo fuggente del tennis. Devi coglierlo perché non sai mai se l’occasione si ripresenterà. Estro – o follia, fate...

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Nick Kyrgios è una specie di attimo fuggente del tennis. Devi coglierlo perché non sai mai se l’occasione si ripresenterà. Estro – o follia, fate voi – allo stato puro che purtroppo al Foro Italico si è fatta ammirare solo a spizzichi e bocconi. Tre apparizioni totali con quella di quest’anno. Una da dimenticare: anno 2015, ko al primo turno contro Feliciano Lopez. Una da ricordare: edizione 2016, ottavi di finale impreziositi dalla vittoria su Milos Raonic e dall’onorevole ko al terzo set contro Rafa Nadal. E una, quella in corso, chissà: è partita bene ma sul suo domani non v’è certezza. La vittoria su Daniil Medvedev è prestigiosa, classifica Atp alla mano ma purtroppo non dice nulla sugli sviluppi del torneo dell’australiano perché le uniche a potersi esprimere sulla questione sono le sinapsi di Nick. Avrà voglia di lottare contro il Next Gen norvegese Casper Ruud? Il grande Lucio avrebbe cantato “lo scopriremo solo vivendo”. Nel dubbio, però, resta tutto quello che Kyrgios ha fatto nella sua prima uscita sul Centrale. Ed è tanta roba. 

 

 
Che dire di uno che, nel primo punto del match prova a sorprendere l’avversario servendo da sotto, alla Michael Chang, e nell’ultimo game vince la partita scagliando quattro ace di fila a velocità inenarrabili? E poi c’è stato tutto il repertorio: passanti violenti, colpi no look, dropshot in serie e tweener acrobatici (anche quando non richiesti dalla situazione). Il Centrale ha gradito. E torna il solito dilemma sul sottile confine tra follia e talento di Kyrgios: senza quella follia avrebbe avuto una carriera migliore o è stata proprio quella follia a fare da base alla costruzione delle sue fortune tennistiche? Nel dilemma ci aggrappiamo alla sua ruvida lucidità. «Il mio torneo preferito? A me piace solo stare a casa, mi piace solo Canberra». Alla faccia dei ruffiani e di «Roma è uno dei miei tornei preferiti».

 
 
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Il Messaggero