"Città irreale", il romanzo dei giovani arrabbiati alla ricerca di un futuro a Londra

Il London Eye
«Chi si stanca di Londra, è stanco della vita», diceva Samuel Johnson. La protagonista di "Città irreale" - il romanzo d'esordio di...

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«Chi si stanca di Londra, è stanco della vita», diceva Samuel Johnson. La protagonista di "Città irreale" - il romanzo d'esordio di Cristina Marconi, firma del Messaggero dalla capitale britannica - stanca di Roma, cerca una nuova vita a Londra. Alina è una giovane come tante, in cerca di futuro, ed è molto determinata: meglio un posto di segretaria nella City, che un presente incerto in Italia. Ma per favore, non chiamatela cervello in fuga. Alina è piena di rabbia: quando il fratello diligente e laureato viene licenziato, dopo una serie di ingaggi precari, la sua determinazione a restare nel suo nuovo mondo, e di evitare quello vecchio si rafforza. Non può più tornare in un Paese che «tratta i giovani come postulanti molesti», dove permane un'assurda diffidenza verso certe «forme di sperimentazione, anche folle, che altrove portano al successo».


Ma "Città irreale" - candidato nella dozzina del Premio Strega - non è solo il romanzo sulla nuova emigrazione italiana (quello che prima non c'era); è anche il romanzo di formazione di una giovane donna italiana, dal carattere (persino troppo) deciso, pronta a tutto pur di non rinunciare ai propri sogni.

A Londra Alina trova un amore corrisposto, Iain (con la "i", alla scozzese); ed è qui che i due mondi, apparentemente compatibili, cominciano a scontrarsi. Qual è il segreto che lui nasconde, e che porta la relazione a una prima, drammatica, crisi? «La quantità di cose che non ci siamo detti cresce, cresce...» Cosa porta l'amica di Alina, manager finanziaria in grande ascesa, a bere senza controllo, fino a perdere letteralmente i sensi? Qual è il nome del vuoto che si porta dentro? «Ero felice che si stesse guadagnando sul campo tutte le stellette che meritava - pensa Alina dell'amica Katie - ma più la sua carriera andava avanti, più mi spaventava immaginare tutti i pensieri che quell'identità andava comprimendo».
 
I due piani, spaziali e temporali dell'intreccio, si susseguono in un gioco di echi e di rimandi continui. I ricordi del negozio paterno, quel "Sergio Guerra abbigliamento da uomo", dove Alina restava spesso e volentieri chiusa nel retrobottega, per studiare, circondata da oggetti e slogan commerciali. Il passato doloroso di Iain, il volontariato a Reggio Emilia che appare come un'impossibile via di fuga da una relazione pericolosa. Due mondi che si sfiorano, perennemente in balia di forze contrastanti, di attrazione e di repulsione. Il referendum sulla Brexit rivela platealmente tutti i non detti. Il Regno Unito, è storia recente, finisce per rinnegare le stesse ragioni del suo successo: l'inestimabile melting pot economico, l'integrazione che diventa competitività globale. 


"Città irreale" è un romanzo che, con una lingua molto diretta e puntuale, e un intreccio ben costruito, porta inevitabilmente il lettore a riflettere. Cosa vuol dire, oggi, essere di un Paese piuttosto che di un altro? È possibile rimediare ai nostri errori? Qual è il prezzo che bisogna pagare per seguire i propri sogni? Quali sono i sacrifici che bisogna sopportare, le prove che si devono affrontare, per trovare finalmente se stessi? Un buon romanzo stimola domande, ma non necessariamente fornisce risposte. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero