Dove porta l'anti-europeismo elettorale

Dove porta l'anti-europeismo elettorale
Scrivono i giornali - e nessuno si prende la briga di smentire o precisare - che i toni anti-europei usati in queste settimane dal governo italiano...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Scrivono i giornali - e nessuno si prende la briga di smentire o precisare - che i toni anti-europei usati in queste settimane dal governo italiano dipendano da una precisa scelta di marketing elettorale: compiacere in vista del referendum costituzionale i molti cittadini piuttosto maldisposti verso le istituzioni comunitarie. Non è detto che la tattica sia vincente: come ha notato Romano Prodi, c'è il rischio che gli elettori scelgano alla fine l'antieuropeismo integrale di altre forze politiche. Ma il tema forse è più ampio: conviene oggi minare un edificio europeo già decisamente malconcio, senza avere una strategia per rimetterlo in piedi?


​Già in un post di due anni e mezzo fa su questo blog era stato evidenziato che in realtà le critiche all'Europa spesso sono rivolte indistintamente a bersagli diversi tra loro. Da allora la situazione si è fatta ancora più confusa. Le prese di posizione del nostro governo hanno almeno tre obiettivi, più o meno espliciti: la commissione europea, nella quale per l'Italia siede Federica Mogherini, e le sue strutture tecniche (i famosi "euroburocrati"), la Germania e gli altri Paesi nordici che condividono - approssimativamente parlando - la linea del rigore di bilancio e il fronte orientale, ovvero i Paesi (Ungheria, Polonia, Repubblica ceca) che si rifiutano di partecipare all'accoglienza dei migranti.


​Anche senza entrare nei dettagli, si può constatare abbastanza facilmente che queste tre realtà oltre a essere essenzialmente diverse fra loro (si parla di una struttura comunitaria nel primo caso, di governi negli altri due) hanno posizioni differenziate proprio sui temi più rilevanti. Sommariamente parlando, la Germania contrasta in modo drastico la politica anti-migranti di Orban e degli altri, mentre la commissione guidata da Juncker ha cercato di attenuare in modo sostanziale la linea del rigore, incassando per questo forti critiche da Berlino. Allora parlare genericamente di "Europa" può forse andare bene ai fini della propaganda, ma non aiuta lil lavoro futuro che il Paese dovrà fare se vorrà davvero cambiare qualcosa a Bruxelles, cosa di cui c'è sicuramente bisogno. Lavoro per il quale, come osserva chiunque conosca questi temi,  servono una visione di medio-lungo periodo e solide alleanze.
  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero