Un’ottima annata questo 2019 per il pistacchio di Bronte Dop che, proprio in questo periodo viene raccolto dopo la pausa dello scorso anno. Infatti, il pistacchio ha una...
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L’impatto della raccolta sul territorio è considerevole. Sono infatti oltre 10mila i braccianti che raggiungono il comprensorio per lavorare nei pistacchieti. L’ingente quantità di manodopera è necessaria perché il pistacchio siciliano può essere raccolto solo a mano in quanto prolifera nella “sciara” (nome dialettale della lava rappresa) selvaggia. Questa tipologia di substrato regala al pistacchio la sapidità e il gusto che lo rendono unico ma, di contro, essendo un terreno impervio e scosceso non permette l’utilizzo di mezzi meccanici. «Il pistacchio 2019 – spiega Nino Marino, titolare insieme a Vincenzo Longhitano di Antichi Sapori dell’Etna, azienda tra i maggiori produttori di pistacchio di Bronte Dop con i marchi Pistì e Vincente Delicacies – è di ottima qualità. Le condizioni metereologiche di tempo molto bello hanno ritardato l’inizio della raccolta alla terza settimana di settembre e l’hanno prolungata fino a fine ottobre». Infatti, più che per ogni altra coltivazione, la resa dei pistacchieti è determinata dalle condizioni metereologiche, e questo fin dall’arrivo della pianta in Sicilia al seguito degli Arabi nell’827.
Il comprensorio della Dop Bronte (unica al mondo per il pistacchio) si estende nei comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla (provincia di Catania) ed è stata accuratamente scelta dagli Arabi per una concomitanza di cause che la rendono perfetta per la coltivazione dell’oro verde di Sicilia (il prezzo al pubblico tocca i 100 euro al chilo). Infatti, a un terreno di origine vulcanica ricco di minerali (la sciara) si uniscono le condizioni climatiche con estati torride, inverni freddi e con una forte escursione termica fra giorno e notte. Inoltre, proprio a fine settembre, si ha un periodo di piogge leggere che dissetano la pianta dopo la lunga estate e ne gonfiano i frutti. «La resa dei pistacchieti – continua Marino – si è assestata quest’anno nella norma con 1300-1400 chili per ettaro con un prezzo al distributore di 36 euro al chilogrammo sgusciato. Nei terreni di nostra proprietà (l’azienda è l’unica della zona ad avere la filiera completa dal campo alla pasticceria) abbiamo raccolto circa 20 tonnellate di pistacchi a cui vanno aggiunte altre 250 che ci sono state conferite da altri produttori». I dati di Antichi Sapori dell’Etna, proprietaria di 60 ettari di pistacchieti, sono quindi una buona cartina tornasole del distretto della Dop che ogni biennio produce oltre 3000 tonnellate di pistacchi, ovvero l’1% della produzione mondiale. Infatti, i colossi del pistacchio sono gli iraniani seguiti dagli Usa, dalla Turchia, dalla Cina, dalla Siria e dalla Grecia. «Il pistacchio di Bronte Dop – spiega Marino – si riconosce per le sue caratteristiche fisiche e organolettiche. Grazie al terreno ricco di nutrienti e minerali al colore verde vivido si accompagna il gusto sapido e corposo che lo rendono perfetto in pasticceria e in cucina». All’interno dell’azienda brontese è sorta la prima galleria informativa dedicata al pistacchio. Il percorso si snoda partendo dalle documentazioni storico-mitologiche (sono stati ritrovati reperti archeologici risalenti al Paleolitico Superiore che documentano l’uso del pistacchio nell’attuale Giordania), passando per gli usi sacri del frutto (nella Genesi è riportato che Giacobbe inviò in dono al Faraone i pistacchi) e officinali (Avicenna, medico persiano vissuto nell’XI secolo, lo prescriveva fra i “cibi restaurativi” a chi soffriva di deperimento fisico e sessuale) fino ad arrivare all’analisi comparativa dei diversi tipi di pistacchio che si coltivano in giro per il mondo.
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Il Messaggero