L'AQUILA - C’è un mini quartiere, a ridosso di una via Amiternum che finalmente ha assunto una veste nuova dopo la ricostruzione, che sembra essersi fermato...
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Un’emergenza nell’emergenza che è finita sui tavoli del Governo (persino del premier), dei politici regionali e locali, ma finora non si è riusciti a muovere una paglia. Gli inquilini (23 su 56 sono proprietari), esasperati, invitano addirittura ad entrare nelle abitazioni sventrate. Perché non è bastato il sisma a far crollare muri e speranze, ci si sono messi anche i ladri che hanno portato via tutto ciò che si poteva: infissi, caldaie, rame, mobilio. Ma non è finita. L’ulteriore sfregio arriva, probabilmente, dagli stessi aquilani che utilizzano questo angolo per abbandonarci qualsiasi tipo di rifiuto. E così, tra la macerie e le erbacce, ci sono vere e proprie discariche a cielo aperto. Una situazione francamente intollerabile.
LE TESTIMONIANZE
«Sono passati sette anni – racconta uno dei inquilini – e le case Ater sono ancora distrutte. Ogni volta che chiediamo spiegazioni ci viene detto che non ci sono i soldi. Ci siamo stufati. Vogliamo rientrare nelle nostre case, quelle per cui abbiamo fatto sacrifici importanti. Ci sono tanti anziani che vorrebbero riprendere una vita normale. Vorremmo che il governo e i politici locali cominciassero a capire che non siamo cittadini di serie B perché paghiamo tasse da serie A». «Siamo rimasti senza nulla – dice una signora, accompagnata dal figlio – Ci hanno messo a Sassa e qui i ladri continuano a rubare le nostre cose, nel disinteresse più totale». Basta scorrere l’elenco del fabbisogno economico per capire che quella delle palazzine Ater è un’emergenza sociale a tutti gli effetti: servono 39 milioni di euro per gli interventi di competenza Ater, oltre 45 per quelli del Provveditorato. Il totale fa circa 85 milioni. Tanti, ma non tantissimi rispetto alla mole di risorse per la ricostruzione. Tantissimi sono i sette anni di nulla. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero