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La stangata, per ora, riguarda oltre 400 famiglie aquilane che si sono viste recapitare un’intimazione di pagamento a quattordici anni e mezzo dal terremoto del 2009. Dovranno restituire, salvo errori, ricorsi, verifiche, da poche decine fino a migliaia di euro del contributo di autonoma sistemazione che il Comune ritiene indebitamente percepito.
Si tratta di quella misura, varata tramite ordinanza (la numero 3754) già il 9 aprile del 2009, tre giorni dopo la grande scossa che fece 309 morti, 1.500 feriti e 100 mila sfollati, che prevedeva, a fronte dell’inagibilità della propria abitazione, l’erogazione di un contributo ai nuclei familiari che non avessero scelto la sistemazione in albergo o, successivamente, nelle “new town” costruite dallo Stato. Soldi, insomma, fino a un massimo di 400 euro mensili per nucleo, o, comunque, nel limite di 100 euro per ogni componente «abitualmente e stabilmente residente nell’abitazione». Duecento euro per i nuclei composti da una sola persona e cento euro aggiuntivi per le famiglie con anziani over 65 o portatori di disabilità. Una misura - riproposta anche in occasione del sisma del Centro Italia 2016-2017 -, cessata a marzo 2015, nata con lo scopo di alleggerire la necessità dello Stato di reperire alloggi e, contemporaneamente, di offrire un sostentamento alle famiglie provate dalla perdita dell’abitazione.
Oggi il nodo della vicenda è legato alla perdita del diritto al contributo.
I nodi
La questione centrale è la seguente: il Comune ha titolo per chiedere la riscossione delle somme dopo così tanto tempo? Se lo chiedono gli aquilani che già si sono armati per ricorrere contro gli atti. Dal Comune, seppur in via non ufficiale, sostengono che non esisterebbe prescrizione e che, anzi, il termine decorrerebbe dall’accertamento dell’indebita percezione. Di tutt’altro parere l’avvocato Arturo Lely, che sta già curando i primi ricorsi: «Normalmente una richiesta di restituzione si prescriverebbe in dieci anni, addirittura qui, parlando di emolumenti periodici, si potrebbe anche ipotizzare una prescrizione breve, di cinque anni». In ogni caso sarà il tema centrale di una battaglia legale inevitabile. Il caso è, ovviamente, anche politico. L’assessore alle Politiche Sociali, Manuela Tursini, si mostra conciliante: «Non è una questione politica, ma meramente amministrativa. È un recupero di somme dovute al Comune nel momento in cui cessavano i requisiti per usufruire del contributo di autonoma sistemazione. Come Comune si stanno vagliando tutte le modalità per cercare di venire incontro ad i cittadini ed agevolare la riscossione». In primis permettendo la rateizzazione, ma anche rendendosi disponibile a verificare de visu eventuali errori nell’intimazione di pagamento.
Le verifiche
La vicenda dell’autonoma sistemazione è stata sempre al centro delle attenzioni di forze dell’ordine e istituzioni. Il Comune dell’Aquila, su input della Corte dei Conti, ha esaminato oggi (attraverso la società privata Assoservizi) 6 mila posizioni considerate sospette, ma i primi interventi di controllo risalgono al 2015 e nel 2020 si è arrivati a stimare il recupero delle somme indebitamente percepite intorno ai tre milioni di euro.
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