Dalla moda al fashion film: Simone D'Angelo sfida i pregiudizi con "Barriere"

Simone D'Angelo
Dalle sfilate di moda alla macchina da presa per realizzare il suo primo fashion film da art director dal titolo Fences, ovvero Barriere, pubblicato sul prestigioso magazine di...

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Dalle sfilate di moda alla macchina da presa per realizzare il suo primo fashion film da art director dal titolo Fences, ovvero Barriere, pubblicato sul prestigioso magazine di moda online Man in town. È questa la storia di Simone D’Angelo, 27enne originario di Teramo, anche se da 4 anni si è trasferito a Milano per coronare il sogno di lavorare nella moda, ma non prima di aver completato gli studi ed essersi laureato ad Urbino e specializzato nel capoluogo lombardo in Scienze motorie.


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«Ho iniziato a 17 anni – racconta - partecipando a concorsi e a shooting fotografici. Poi, un giorno, ho letto il commento lasciato sui social da un ragazzo che di Milano che faceva il modello professionista. L’ho contattato, gli ho inviato delle mie foto e di lì a poco tre agenzie hanno voluto vedermi firmando, poco dopo, il mio primo contratto». Da quel momento la sua carriera è decollata, divenendo anche protagonista di diverse campagne pubblicitarie nazionale per noti marchi commerciali.

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Ma le aspirazioni di D’Angelo non si limitavano a questo e l’idea di passare alla macchina da presa, arriva con la sua partecipazione al recente fashion film (un cortometraggio con cui il regista racconta il proprio punto di vista sul mondo della moda) “Alien” di Francesca Monte, ex cantante di X Factor, che lo ha visto protagonista: «Ad un certo punto – spiega il giovane talento teramano – ho capito che puoi essere il più bello, il più forte, il più intelligente del mondo, ma se non ti dai da fare in prima persona sarà difficile che qualcuno ti scopra e ti valorizzi». Da qui l’idea di realizzare un fashion film tutto suo, della durata di circa 2 minuti, sul tema del superamento di stereotipi e pregiudizi, coinvolgendo un videomaker e altri tre colleghi modelli come attori e girando il videoclip a Milano in pochi giorni, avendo come set un campo da basket, un fast food, la panchina di un parcheggio e una casa.



Al centro della storia un ragazzo solo e isolato che, nonostante un periodo difficile, sarà poi in grado di trovare un modo per cambiare, cercando approvazione dove aveva sempre trovato distacco. Un’esperienza traumatica che Simone D’Angelo ha vissuto sulla propria pelle: «Dopo l’ennesima signora che mi si è seduta vicino sul tram – confida Simone D’Angelo –, guardandomi inorridita il tatuaggio o quella che, vedendomi, ha accelerato il passo per prendere l’ascensore da sola, ho voluto approfondire questo problema per ricordare che la diversità esiste ed è bella, perché ci valorizza».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero