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Luca Cavallito ha lasciato l'ospedale Santo Spirito di Pescara per un trasferimento urgente al Gemelli di Roma. La comunicazione è stata diffusa ieri pomeriggio, unitamente alla revoca della sorveglianza della polizia in ospedale. Scelta, questa, che pone interrogativi sulla base di due aspetti: quello sanitario e quello della sicurezza del paziente scampato ai colpi di pistola sparati dal killer lo scorso primo agosto al Bar del Parco. Colpi che hanno invece freddato l'amico Walter Albi, architetto 66enne che era seduto al suo fianco. Sottoposto finora a sei interventi chirurgici, l'ultimo al volto per la ricostruzione della mandibola, Luca Cavallito, 49 anni, sarebbe stato trasferito per complicazioni epatiche.
La direzione della Asl è stata informata del trasferimento a cose fatte e si è limitata a darne conferma. Il nome del nuovo ospedale è rimasto top secret solo per poco. Di sicuro la gravità delle condizioni di Cavallito impone per lui l'esigenza di cure e di assistenza al livello più alto che l'ospedale Padre Agostino Gemelli è in grado di assicurare ma il suo fisico - benchè forte al punto da consentirgli di continuare a lottare per la vita - potrebbe aver rischiato non poco nell'affrontare il viaggio fino alla struttura sanitaria della capitale.
Nondimeno c'è tutto un protocollo da rispettare per garantire la massima sicurezza a colui che, in quanto superstite, al momento è e resta l'unico soggetto in grado di dare una spiegazione alla mattanza del Bar del Parco e soprattutto e a poter mettere gli inquirenti sulla pista giusta per identificare e magari acciuffare il killer e risalire al mandante.
I magistrati della procura che si occupano del caso, leggi il procuratore capo Giuseppe Bellelli, l'aggiunto Annarita Mantini e il sostituto Andrea Di Giovanni, continuano a scavare con l'aiuto degli esperti nelle memorie e nelle sim card del telefonino di Albi e dei diversi dispositivi recuperati nell'abitazione di Cavallito. E' da quei dati memorizzati che potrebbe uscire un dettaglio illuminante per fare piena chiarezza su una vicenda che lascia aperte troppe piste, legate presumibilmente a uno sgarro di natura economica, a un progetto finito male ovvero mai iniziato e che ha procurato un danno tanto ingente quanto intollerabile per chi, dietro le quinte, muoveva i fili dell'operazione finanziaria. Un errore cui Cavallito e Albi speravano di poter porre rimedio in qualche modo ma che per loro si è invece rivelato fatale. L'azione del killer al Bar del Parco è l'esecuzione di una sentenza di morte, forse anche allo scopo di lanciare un segnale inequivocabile sulla piazza pescarese controllata dal crimine di un livello finora sconosciuto. Un rompicapo nel quale non sarà facile individuare il mandante. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero