Giulianova, morto l'ex bomber Sergio Conte: segnò il gol della serie C

Giulianova, morto l'ex bomber Sergio Conte: segnò il gol della serie C
«Per me è stato un colpo al cuore, un grande dolore». A parlare è Francesco Giorgini, capitano ed allenatore giallorosso di tante battaglie e promozioni,...

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«Per me è stato un colpo al cuore, un grande dolore». A parlare è Francesco Giorgini, capitano ed allenatore giallorosso di tante battaglie e promozioni, commentando l'improvvisa scomparsa di Sergio Conte al quale è legata una delle pagine memorabili della storia calcistica giuliese, il gol che decise la promozione per la prima volta del Giulianova in serie C in una straordinaria partita contro il Bellaria. «Gli ho telefonato ieri- rivela Giorgini- perché volevamo vedere assieme la partita dell'Inter ma stranamente non mi ha risposto, poi in mattinata ho capito il perché».


Sergio Conte, aveva 73 anni, sposato con Ada Vallese e padre di due figli, Gianluca e Stefano ed era fratello Carlo che fu segretario del Giulianova. E' deceduto a causa di un male sopportato serenamente «quasi facendo finta di non averlo», raccontano gli amici. Poi l'improvviso aggravamento e la morte sopraggiunta all'ospedale di Teramo. La salma è stata trasportata nella camera ardente allestita presso la Casa funeraria Gerardini dove sarà aperta al cordoglio dei tantissimi amici e sportivi e sarà benedetta in quanto non ci sarà un funerale vero e proprio.

«Era una persona anche sul piano umano straordinaria - raccolta Giorgini - come calciatore oggi sarebbe una punta che tutti vorrebbero perché tra i pochi interpretava il ruolo di centravanti di manovra ed era ammirato da due grandi allenatori che abbiamo avuto, Adelmo Capelli e Giovan Battista Fabbri. Io non giocai con lui in quella famosa gara contro il Bellaria che significò la C, ero ad Arezzo. Ci giocai gli anni successivi entrambi in serie C. Era così bravo che andò a fare un provino con l'Inter e lo avevano preso ma scappava perché voleva tornare nella sua Giulianova. Raccontava che io gli avevo salvato la vita. Sì perché amavamo fare lunghe passeggiate insieme. Una sera, tornato da Napoli dove si era recato per motivi di lavoro (era un dipendente della ditta Amadori prima di andare in pensione) mi disse che aveva voglia di fare una passeggiata sul lungomare. Io lo vidi un po' pallido ma mi rassicurò che stava bene ma dopo pochi passi si mise la mano sul petto, si sentiva male, lo convinsi a fatica ad andare in ospedale. Aveva avuto un infarto e lì lo salvarono».

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Il Messaggero