L'AQUILA - Quasi 1.500 casi tra fine mese e inizio aprile, tremila a fine emergenza. L'Abruzzo comincia a prevedere la dimensione dell'emergenza coronavirus autoctona,...
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Il capo della task force sanitaria, Alberto Albani, ha rivelato che la situazione potrebbe aver preso una buona piega: "Aveva tracciato due range di possibilità, una di 1.500 casi entro il mese, l'altra, peggiore, fino a 1.800. Al momento le proiezioni ci dicono che siamo all'interno dell'intervallo migliore".
Va più in prospettiva, invece, l'analisi di Giustino Parruti, il direttore dell'Unità operativa complessa di Malattie infettive dell'ospedale di Pescara: "Dobbiamo essere preparati ad arrivare tra i duemila e i tremila casi, sperando che l'isolamento sociale ci consenta di ridurre al minimo la diffusione. Si prevede una fase di ulteriore espansione che ci terrà impegnati: sono convinto che fino alla fine di aprile non avremo sostanziali variazioni della nostra attività".
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"Siamo in una fase pandemica, che per la nostra realtà locale è epidemica - aggiunge - Quando questa fase sarà finita potrebbe instaurarsene una endemo-epidemica, cioè potremmo aver risolto la maggioranza dei focolai, ma potremmo trovarci ancora a dover fronteggiare piccole o grandi insorgenze del virus. Anche in questa fase ci vorrà una grande organizzazione e sarà importante il mantenimento dell'efficienza delle unità operative integrate di Malattie infettive. È difficile pensare che non ci sia qualche contagio di ritorno; allora lì sarà decisivo che i focolai esistenti siano stati spenti in modo efficiente".
In Abruzzo, secondo l'infettivologo, ci sono stati dei "fenomeni convergenti": il fatto che la zona vestina sia "caratterizzata da un intenso interscambio economico e culturale con la Lombardia"; la cosiddetta "semina lombarda" da parte di chi "è rientrato, dichiarandolo o non dichiarandolo"; le settimane bianche di febbraio, con "il periodo di carnevale" che "ci ha dato una mazzata terribile", in quanto "operatori sanitari, tra gli altri, e tante persone sono tornate infette. Questi fenomeni - conclude Parruti - hanno creato numerosi microfocolai, tutti oramai praticamente autoctoni". Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero