Mascherina sì, mascherina no. Il dibattito del giorno attorno al dispositivo di protezione individuale con cui tutti hanno imparato a convivere. L'immunolgo abruzzese...
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«Non avevo conosciuto una interruzione così lunga da 29 anni», scherza il professore. Intanto ne approfitta dalla sua terra d'origine per rispondere alle sollecitazioni sulla pandemia in corso. «La mascherina - spiega – va messa in luoghi chiusi e affollati, o quando si è a contatto ravvicinato con altri individui. Non va utilizzata in casa, in macchina se si viaggia da soli e all'aperto se si mantiene una certa distanza sociale, diciamo di 5-6 metri. Non è neanche vero che sia in grado di trasmettere batteri all'organismo e di procurare gravi malattie. Va semplicemente sostituita spesso, come avviene per il personale sanitario che opera negli ospedali».
Conti dice la sua anche su un'altra questione molto discussa in queste ore, che riguarda la ripresa del campionato di calcio. «Si può fare – spiega -, ma per scongiurare qualsiasi rischio le squadre e tutto lo staff societario, compreso il cuoco e l'autista del pullman, devono mettersi in quarantena. Se dopo questo periodo di isolamento nessuno ha manifestato i sintomi del virus, si può tornare in campo e persino esultare abbracciandosi senza correre alcun rischio». Ma c'è un'altra condizione posta dall'immunologo per evitare sorprese: «E' chiaro che dopo la partita i calciatori e il resto della squadra non possono andare al ristorante o in altri luoghi che possono rappresentare dei possibili focolai di infezione». Quindi, cosa dovrebbero fare? «Andare in ritiro e tornare a isolarsi sino alla prossima partita. Anche il pullman e gli spogliatoti, se utilizzate sempre dalle stesse persone e una volta provveduto alla sanificazione degli ambienti, non possono costituire a quel punto un pericolo di contagio».
Saverio Occhiuto Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero