Porta rubata al Bataclan, l'imprenditore italo-francese: «Dovevo tenerla per un magrebino, sono stato un ingenuo»

Terrorismo, porta rubata al Bataclan, l'imprenditore italo-francese: «Dovevo tenerla per un magrebino, sono stato un ingenuo» (foto VITTURINI)
«Sono stato un ingenuo. Davvero non sapevo che fosse un’opera così importante». A parlare, tono sommesso, è G.P., 50 anni, l’imprenditore...

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«Sono stato un ingenuo. Davvero non sapevo che fosse un’opera così importante». A parlare, tono sommesso, è G.P., 50 anni, l’imprenditore italo-francese, residente a Tortoreto, in privincia di Teramo, finito in un giallo internazionale per aver prestato - così ha detto agli investigatori - la sua soffitta della villetta di Sant’Omero, per custodire la porta rubata dal Bataclan con l’opera del famoso street artist Banksy, la “Ragazza addolorata”, dedicata alle 90 vittime dell’attentato terroristico a Parigi, il 13 novembre del 2015.


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La porta d’emergenza del teatro era stata resa unica con il dipinto di Banksy dal forte valore simbolico. Venne rubata il 26 gennaio del 2019. E dopo poco più di un anno è rispuntata in un piccolo comune in provincia di Teramo, a Sant’Omero, nascosta in un casolare in contrada Pignotti, di proprietà di G.P. e recuperata dopo un blitz dei carabinieri con gli agenti francesi. «Ma davvero è così importante? - domanda G. P. - Non pensavo davvero». I militari l’hanno scovata nel sottotetto del casolare, affittato a una famiglia di cinesi con bambini, risultata estranea ai fatti. Tolto un dipinto di poco valore che copriva il famoso murales, la ragazza in lutto è apparsa in tutta la sua strabiliante bellezza.

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L’avvocato Angelo Palermo, che assiste l’imprenditore italo-francese, denunciato per ricettazione, spiega che al centro di tutto ci sarebbe un magrebino 45enne, anche lui italo-francese, che G.P. ha conosciuto 4 anni fa, tramite un amico teramano, pure lui finito sotto indagine. Il magrebino, residente a Parigi, nel quartiere Le Marais, parla solo francese, motivo per cui ha scelto di alloggiare da G.P., figlio di emigranti in Francia. In questi anni il magrebino sarebbe tornato nel b&b ogni 4 mesi, per soggiornarvi delle volte per due settimane, altre anche un mese: «Sono qui per affari nel commercio dell’antiquariato» diceva. Tra i due, nel tempo, sarebbe nata un’amicizia. Sempre stando al racconto dell’avvocato, circa 6 mesi fa il magrebino di Parigi avrebbe chiesto al ristoratore di Tortoreto «la gentilezza di custodire il dipinto». E G.P. non ci ha trovato nulla di strano.
 

«C’è da tenere anche conto che stiamo vivendo un momento di crisi e che questo signore, oltre che un amico, era anche un ottimo cliente – chiarisce l’avvocato Palermo – Ma, mai e poi mai, il mio assistito avrebbe potuto immaginare di ritrovarsi implicato in un intrigo internazionale di tale portata. Al momento su di lui grava l'accusa di  ricettazione. Anche se, secondo me, entrambe le accuse potrebbero non reggere perché il corpo del reato ha un valore morale per i francesi, ma non un valore economico. Non c’è commercio per un murales su una porta, non è un dipinto né, al momento, viene considerata un’opera d’arte. Pare che dietro non ci sia solo una questione di natura economica, ma il furto potrebbe essere finalizzato a un atto dimostrativo di natura islamica. Anche perché l’indagine è partita dalla procura distrettuale di Parigi che ha emesso una rogatoria internazionale attraverso la Europol (Ufficio europeo di polizia), coinvolgendo la Direzione distrettuale antimafia. Questo spiegamento di forze non lo si fa per un dipinto. La mia esperienza nel mondo del diritto internazionale mi fa pensare che ci sia qualcosa di molto più importante dietro. Di qui la maggiore riservatezza degli atti. Al momento, poi, non è stato chiarito il movente del gesto».
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Il Messaggero