L'artista ucciso? «Un buono, cucinava anche per i frati in convento»

L'artista ucciso? «Un buono, cucinava anche per i frati in convento»
«Il dolore rimane dolore, la tragedia rimane tragedia. E il modo in cui è morto lascia per sempre un livido». E il dramma è lì, è chiuso...

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«Il dolore rimane dolore, la tragedia rimane tragedia. E il modo in cui è morto lascia per sempre un livido». E il dramma è lì, è chiuso nello strazio di mamma Anna, nelle lacrime di disperazione, per quel figlio che non c'è più. Che gli hanno ucciso. Lei piange e piange, dietro quella bara coperta da fiori chiari, ed è inconsolabile. Sono le campane, in un paese con le serrande abbassate a lutto, ad accogliere, a Paglieta (Chieti), la salma di Umberto Ranieri, 55 anni, pittore, scultore e performer, ammazzato il 17 marzo scorso in Largo Preneste a Roma, città dove viveva.


Il corteo funebre attraversa un ammutolito corso Vittorio Emanuele e giunge nella chiesa di Maria Santissima dell'Assunta, che è gremita. Ci sono tutti, a dargli l'ultimo saluto. Ci sono i compagni d'infanzia, quelli dell'Accademia delle Belle Arti, gli amici di sempre, arrivati anche dalla capitale, quelli con cui ha lavorato e fatto progetti. «I primi istanti in cui la notizia della tragedia ha cominciato a circolare... - riflette don Domenico Larcinese -. Poi il momento della preghiera... Siamo rimasti disorientati, smarriti... in silenzio». A sprazzi racconta Umberto, innamorato della fede e di San Francesco. «E' stato in ritiro spirituale ad Assisi e cucinava anche per i frati del convento». Un uomo «con una sensibilità speciale, regalata da madre natura e che si è tramutata in arte, in ricerca».


Un pensiero per quei genitori, Anna e Filomeno, che hanno perso tutt'e due i figli, prima Fausto e ora Umberto. «I fratelli si sono ritrovati. E, come da bambini, condividono il cielo». E ancora... «La violenza di un istante è un dolore per tanti, per l'intera l'esistenza». «Umberto, Nniet (era il nome d'arte) la mia vita sarebbe stata diversa se non ti avessi conosciuto all'Accademia - ricorda, commossa, in chiesa, l'amica Cristina -. Insieme, nella leggerezza, una gioiosa gioventù... Poi si la vita si è complicata. Ma tu sei rimasto il poeta, l'artista che eri... Un fanciullo eterno, che vedeva e decantava la bellezza... Hai lasciato un segno profondo. Il 12 aprile avresti dovuto tenere una performance al Macro Museo: ti renderemo omaggio». C'è un applauso. «Che l'universo ti possa accogliere con cura, amorevolezza e tenerezza... Grazie Nniet». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero