Cari amici, sono tornato a Roma e mi ha accolto un bellissimo sole. Ho rimesso i piedi sulla pista dello Stadio dei Marmi, tutto restaurato con le statue che scintillano per quanto sono bianche. E ho respirato di nuovo l’aria di casa. Non posso dirvi che mi sono trovato male in Florida, anzi. Il clima è abbastanza simile a quello di Roma, mi riconoscevano in pochi ed erano soprattutto italiani, quindi sono uscito dal cono dei riflettori e ho potuto gustare una vita monastica tutto pista e famiglia, tranne qualche puntata sui campi di golf che circondavano la mia casa americana, e delle visite ai miei compagni d’allenamento. A proposito, la cosa bella è stata che per la prima volta ho potuto fare training con altri campioni che tutti sappiamo di poterci ritrovare sulla linea di partenza nella finale dei 100 metri a Parigi. Mi sono concentrato sull’allenamento col mio nuovo coach, Rana Reider, che sarà anche lui nelle prossime settimane fra Roma e Rieti in vista degli Europei del 7-12 giugno.
In tutti questi mesi in cui ho deciso di resettare la mia vita e cambiare tutto, ho però mantenuto casa a Roma. E molte cose mi sono mancate, il calore dei romani, la buona cucina e la mia amata pasta all’amatriciana, le serate romane e l’affetto che mi circonda in questa città meravigliosa. Il murales che mi hanno fatto trovare al ritorno da Tokyo va risistemato ma sta ancora là a ricordarmi il bene che i romani mi vogliono e il bene che io voglio a questa città. Ho ritrovato il piacere di andare nei miei ristoranti preferiti, salutare le persone che conosco nel mio quartiere, Collina Fleming, rivedere lo stadio Paolo Rosi all’Acquacetosa dove mi sono allenato tanto tempo in mezzo a gente di tutte le età che faceva jogging e soprattutto ai ragazzi delle scuole che amano lo sport, com’è giusto perché lo sport, l’atletica in particolare, è una grande lezione di vita per chiunque, soprattutto per chi è adolescente.
L’atletica è stata il mio sogno, prima il lungo poi i 100 metri, che ho coltivato e per il quale ho faticato e mi sono sbattuto perché avevo un obiettivo.
Marcell Jacobs