«Prima erano solo voci, poi due agenzie ci dissero chiaramente che erano svantaggiate perché altre pagavano i necrofori per lavorare». Giuseppe Cimarello, direttore sanitario di Belcolle, svela in aula come ha fatto partire l’inchiesta sulla “tangentopoli mortuaria”. Entra nel vivo il processo, scaturito dall’operazione Anubi, per corruzione e concussione.
La vicenda risale al 2013, quando i carabinieri del nucleo investigativo provinciale arrestarono tre necrofori della camera mortuaria di Belcolle. E indagarono 37 persone quasi tutti impresari del settore pompe funebri, tra Viterbo, Roma e Civitavecchia. L’indagine scattò in seguito dell’esposto presentato dal direttore sanitario di Belcolle Giuseppe Cimarello. Esposto “sollecitato” da alcuni impresari di pompe funebri che non riuscivano più a “prendere” funerali.
La maxi-inchiesta, condotta principalmente con intercettazioni ambientali, fece emergere un presunto giro di “funerali facili” per le imprese funebri, disposte a versare somme per ogni salma ai necrofori della morgue dell’ospedale.
«Un giorno - ha spiegato Cimarello - tre titolari di agenzie funebri vennero a trovarmi denunciando il problema, mi dissero che alcune agenzie davano delle somme ai necrofori della camera mortuaria di Belcolle per poter lavorare. Per capire cosa stava accadendo organizzammo una riunione con tutte le pompe funebri della zona e la questione venne fuori palesemente. Rimasi basito - ha detto ancora - perché era una cosa che andava avanti da anni ma per noi era totalmente nuova. Per questo subito dopo presentai l’esposto e allertai carabinieri e Nas».
La maxinchiesta, coordinata dalla pm Paola Conti e condotta principalmente con intercettazioni ambientali, portò alla luce un giro di “funerali facili” per le imprese funebri disposte ad allungare 50 euro a salma ai necrofori della morgue dell’ospedale. Si torna in aula il 2 novembre.