«Sto lavorando da casa insieme a mia moglie, ma lavorare è una parola grossa - spiega al telefono Simonetti - per noi il problema principale è uno: tanti viaggi stanno saltando, soprattutto quelli organizzati per i matrimoni, ma l'esposizione economica che la mia agenzia ha dovuto affrontare per metterli in piedi si scontra con le pretese dei tour operator, che ancora non hanno capito la gravità della vicenda e continuano a chiederci il saldo nonostante questi non vengano più effettuati».
Il decreto Cura Italia, con il quale il Governo ha cercato di mettere un primo argine alla grande crisi economica in arrivo, ha disposto che tutti i tour operator - veicoli principali dei viaggi nel mondo - debbano risarcire i turisti non attraverso un rimborso liquido, ma attraverso dei voucher che coprano l'intera somma prevista. «Questo in linea di principio può anche essere giusto - dice Simonetti - ma la mia agenzia effettua il pagamento totale al momento della prenotazione. Quindi all'interno dei voucher dei rimborski ci sono soldi miei, che in questo momento i clienti non vogliono tirar fuori. La maggior parte di loro sta capendo la situazione, ma per la mia agenzia oltre al danno c'è la beffa: mi sono esposto per quasi 100mila euro e, oltre al non guadagnare, in questo momento ci sto rimettendo diversi soldi».
Per Simonetti in aiuto ci sono i 600 euro destinati alle partite Iva, ma in un mercato stravolto come quello del turismo la panacea è ben lontana. «La mia unica dipendete l'ho potuta mettere in cassa integrazione; non ho problemi a pagare bollette e spese per l'agenzia. Gli aiuti fanno piacere ma servirebbe ben altro. La mia preoccupazione è per il futuro: secondo me nel 2020 viaggiare sarà molto complicato. Se sopravviveremo alla bufera dovremo reiventarci un nuovo modo di viaggiare».
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