Viterbo, esplode la palazzina dei richiedenti asilo. «Allarme gas ignorato»

Una tragedia mancata per un soffio. Un miracolo. La prova è negli occhi dei soccorritori, arrivati a notte fonda nella zona industriale di San Lorenzo Nuovo

Viterbo, esplode la palazzina dei richiedenti asilo. «Allarme gas ignorato»
di Cesare Bonifazi, nostro inviato
4 Minuti di Lettura
Domenica 12 Novembre 2023, 09:08 - Ultimo aggiornamento: 18:52

C'era puzza di gas. Lo avevamo detto». Un allarme rimasto inascoltato. Lanciato molte ore prima che l'esplosione avvenisse per davvero. La paura di chi sentiva una puzza di gas sempre più forte non è bastata a far scattare i controlli. Poi d'un tratto nella notte piombano la paura e le macerie, il sangue e i feriti. Si poteva evitare. Una tragedia mancata per un soffio. Un miracolo. La prova è negli occhi dei soccorritori, arrivati a notte fonda nella zona industriale di San Lorenzo Nuovo, in provincia di Viterbo. Quella che si trovano davanti, intorno alle 22.30, sembra una scena di guerra: corpi bruciati, urla strazianti di bambini, persone nude al freddo in strada. La palazzina dei migranti è sventrata, irriconoscibile. E di quei mini-appartamenti ora resta una montagna di calcinacci. Trentuno richiedenti asilo sono scampati alla morte per una casualità. Il bilancio dei feriti parla di sei codici rossi, 9 gialli e 16 verdi. E tra loro ci sono sette bambini, ricoverati all'ospedale Belcolle di Viterbo.

I FATTI

Nella tranquillità del venerdì sera un boato fa tremare le case del paese, 2.000 anime nel cuore dell'Alta Tuscia, a pochi chilometri dalla provincia di Siena.

L'esplosione è dovuta a una fuga di gas e questo i vigili del fuoco lo capiscono subito. La dinamica però è tutta da confermare. La società che gestisce l'accoglienza, la Ospita Srl di Grosseto, fa sapere attraverso il delegato Giulio Cuore che nell'edificio «non esiste allaccio: cucine riscaldamento e acqua hanno impianti elettrici». Di notte la strada è buia e non ci sono lampioni. Una donna si trascina dietro due figli. Uno dei due è scalzo. Insieme avanzano sotto choc a piedi nudi tra i vetri delle finestre in frantumi. Un uomo, con ustioni su tutto il corpo, corre nel buio.


Dalla prima telefonata che arriva al 112 si capisce subito che la situazione è molto grave: la segnalazione parla di una palazzina crollata. Il prefetto di Viterbo Antonio Cananà fa riunire il Coc, centro operativo comunale per la gestione dell'emergenza. L'incubo è che ci siano persone intrappolate sotto le macerie. Si presta soccorso a tutti, si portano le bottiglie d'acqua che poi vengono abbandonate ai lati della strada. Il lavoro è lungo e frenetico, ma intanto si portano via gli ospiti. Tutti vanno in ospedale: al Gemelli e all'ospedale Belcolle di Viterbo, ma anche ad Acquapendente, a Orte e a Tarquinia. Ovunque ci sia un posto letto per assisterli. Due, i più gravi, vengono portati al Centro Grandi Ustionati di Pisa. Sono in terapia intensiva e le loro condizioni sono giudicate disperate. Arrivano anche tre elicotteri e 20 ambulanze da Lazio, Toscana e Umbria. L'Ares 118 coordina gli interventi. L'impiego di mezzi e uomini è ingente: viene allestito un campo di primo soccorso con coperte termiche e cure. Viene spento anche un principio di incendio.

LE INDAGINI

Alle prime luci del mattino si vedono i danni. Lo stabile è sventrato. In bilico nella voragine che si è creata davanti all'appartamento c'è un tavolo. Ha ancora la tovaglia sopra. Le finestre sono schizzate in ogni direzione. Anche a dieci metri di distanza. Vetri ovunque. Nel grande capannone diviso tra un magazzino e una cantina non ci sono più pareti e all'interno rimane solo un ammasso di ferraglia e plastica. I vigili del fuoco esplorano la scena. Si tenta di capire quale sia stata la causa. L'ipotesi della fuga di gas rimane la più plausibile. E anche chi abita nei paraggi lo conferma: «Sì, la puzza era fortissima». Il pubblico ministero della procura di Viterbo Paola Conti ha aperto un fascicolo per disastro colposo. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri di Montefiascone e quelli del comando provinciale. La versione continua a essere smentita da Sebastiano Sani, il legale della società di gestione: «Per scelta aziendale, come dichiarato negli atti che ha la Prefettura spiega abbiamo utilizzato solamente elettricità, sia per il riscaldamento che per le cucine». Tuttavia, il colonnello dei carabinieri, Massimo Friano, dice che «l'ipotesi più probabile rimane quella che sia stata generata da un locale saturo di gas». Esattamente ciò che dicono i migranti prima del disastro. Ma la loro voce è caduta nel vuoto.
Cesare Bonifazi
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA