Emergenza medici di famiglia, toppa della Regione: via al limite d'età, potranno restare dopo i 70 anni

Michele Fiore a sinistra
di Renato Vigna
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Venerdì 20 Maggio 2022, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 07:49

Medici di famiglia senza più limite d’età. Potranno rimanere in servizio oltre i 70 anni, finché lo vorranno. È quanto stabilisce una delibera della Regione Lazio che cerca di tamponare l’emergenza che si è creata nell’assistenza sanitaria sui territori. Parla di “situazione pazzesca” Michele Fiore, segretario della Fimmg provinciale, che da mesi denuncia le conseguenze di politiche miopi che hanno ridotto al lumicino la categoria. 

Teoricamente, un medico di base va in pensione a 70 anni ma molti potrebbero farlo anche prima, ad esempio avendo riscattato gli anni di laurea. Ebbene, se l’ambulatorio che ricoprono dovesse rimanere sguarnito, in base al provvedimento regionale potrebbero optare per restare in servizio. Quanto? “Sta a loro decidere. Finché la carenza di assistenza non viene superata – spiega Fiore – possono restare”. Ma se non c’è un limite minimo, non ce ne è nemmeno uno massimo. “La scelta è la loro: restare un mese o anni. Un collega di Caprarola – prosegue – ha 72 anni e continuerà fino a giugno del 2023, quando ne avrà compiuti 73”.

Ambulatori lasciati, quindi, al buon cuore dei medici. Ma non può essere questa la soluzione, come ripete la Fimmg. Tanto che su 17 che andranno in pensione a breve, solo 11 hanno accettato di restare. Per quanto, poi, non si sa. A soffrire maggiormente sono soprattutto i piccoli centri del nord del Lazio.

Per questo il sindacato guidato a livello provinciale da Fiore aveva proposto di introdurre incentivi per chi accettasse di aprire un ambulatorio in zone disagiate, ovvero paesi di pochi abitanti. “Ma dalla Regione non hanno accettato, senza dare chiare spiegazioni. Probabilmente – presume – temono di creare disparità. Eppure, è sotto gli occhi di tutti che i giovani specializzati preferiscono lavorare in ambulatori associati o comunque in grandi città”. E così i borghi di cui è costellata la Tuscia spesso rischiano di restare scoperti.

È successo nelle scorse settimane a Canino, succederà a breve a Villa San Giovanni in Tuscia, Gradoli e Tessennano. Anche a Civita Castellana appenderà il camice al chiodo un dottore, ma trattandosi di una cittadina i suoi pazienti verranno spalmati sui colleghi. Aumentare il massimale è un’altra soluzione che si sta adottando. Ma così il carico di lavoro, che secondo i calcoli della Fimmg con il Covid è aumentato del 300%, rischia di diventare insostenibile. Eppure, molti cittadini spesso preferiscono rivolgersi a un medico conosciuto in un paese vicino piuttosto che accettare quello assegnato in sostituzione. “Si sta ricorrendo – prosegue Fiore – anche a contratti libero-professionali per coprire le emergenze. Ma in questi casi il medico non viene scelto dagli assistiti né li conosce”. E si perde quel rapporto di fiducia che caratterizza la professione.

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