Omicidio Fieno, arriva la sentenza: 15 anni di carcere e 3 di libertà vigiliata. L'accusa ne aveva chiesti 20

Ermanno Fieno al processo
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Martedì 2 Aprile 2019, 12:13 - Ultimo aggiornamento: 23:16
Quindici anni di carcere e tre di libertà vigilata. Questa le sentenza di pochi minuti fa per Ermanno Fieno emessa dalla giudice Rita Cialoni del tribunale di Viterbo. La pubblica accusa aveva chiesto 20 anni, 

«Nessuna infermità mentale, solo un disturbo dell'adattamento con ansia e umore depresso». Così nei giorni scorsi la descrizione del professor Giovanni Battista Traverso, che per due mesi ha analizzato Ermanno Fieno, aveva escluso che il 45enne viterbese fosse incapace di intendere e volere. Così è arrivato alle battute finali il processo per l'omicidio di Santa Lucia. 

La notte del 13 dicembre 2017 in un appartamento del quartiere Santa Lucia vengono trovati due cadaveri. Sono Rosa Franceschini e Gianfranco Fieno. I vigili del fuoco li scoprono avvolti nel cellophane nella camera da letto. Sono i genitori di Ermanno. Il 45enne viene individuato come sospettato principale. Ma mentre sono in atto le prime indagini lui è già fuggito. Ha preso un treno e tenta di raggiungere la Francia. Viene bloccato a Ventimiglia dalla polizia. Mentre è rinchiuso in carcere arrivano i primi punti fermi. Il padre Gianfranco non è stato ucciso. È morto per un arresto cardiaco. La madre invece è stata ammazzata con ripetuti colpi alla schiena. Arma del delitto: l'attizzatoio. Appena qualche giorno dopo i risultati autoptici, Fieno confessa e lascia al giudice un memoriale scritto di suo pugno. L'avvocato Roberto Massatani chiede e ottiene un rito abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica.

Ermanno in carcere riceve le visite di Traverso e del consulente di parte, Alessandro Meluzzi. I due al termine dell'esame hanno punti di vista diversi. Concordano solo sul disturbo dell'adattamento. Meluzzi esclude la capacità di volere di Fieno e consiglia un ricovero in una comunità terapeutica. Traverso invece ritiene che la patologia del 45enne non rappresenti un'infermità mentale così grave da indurre uno stato di mente tale da far scemare o escludere le capacità di intendere e volere. Secondo il perito del Tribunale, Fieno può seguire il processo, capire cosa succede.

Lo psichiatra forense illustra anche la dinamica dell'omicidio. Tutto sarebbe iniziato dopo un licenziamento, aggravato da una situazione economica complessa e un disagio familiare profondo. «Fieno ha spiegato il perito - si era creato una sorta di vita parallela per non far vedere le difficoltà iniziando a dire bugie. Il giorno della morte del padre percepisce che è deceduta l'unica persona che in casa produce reddito». Telefona a un'agenzia di pompe funebri, poi cambia idea e tenta di convincere la madre ad aspettare qualche giorno perché sta maturando la pensione con la tredicesima. All'inizio la donna sembra assecondare la proposta, ma la mattina dopo si rifiuta di andare avanti, si ribella.

Per Ermanno la situazione è intollerabile e in un gesto impulsivo la colpisce. «Un comportamento sicuramente anomalo ma non maniacale. Ritengo che lo stato di mente al momento del fatto non fosse condizionato da una psicosi», ha detto il perito.
 
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