«Ratzinger, esempio luminoso»: don Georg celebra messa a San Pietro mentre torna attuale la storica profezia sul relativismo

«Ratzinger, esempio luminoso»: don Georg celebra messa a San Pietro mentre torna attuale la storica profezia sul relativismo
di Franca Giansoldati
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Domenica 31 Dicembre 2023, 10:56 - Ultimo aggiornamento: 17:54

«Un esempio luminoso». Non è stata solo una messa solenne e commemorativa come tante altre ma molto di più. Stavolta la celebrazione alla Cattedra di San Pietro ha assunto i contorni di una specie di adunanza di veterani, di reduci dalla memoria lunga costretti a fare i conti con una realtà mutata e un passato praticamente terremotato. In basilica si mescolavano pathos e ricordi, turbamento e ubbidienza, afflizione e attesa. Non è trascorso che un anno dalla scomparsa del grande teologo bavarese, avvenuta proprio oggi alle 9,34, eppure per tanti versi la percezione generale del tempo trascorso è sembrata quasi dilatata, resa anomala da fatti inaspettati, novità pastorali, eventi in curia, riforme, nomine e un'aria nuova.

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L'eredità di Benedetto XVI

Per esempio la discussa benedizione alle coppie gay, se ne parlava sottotraccia da parecchio anche se poi veniva prudentemente accantonata perchè ritenuta non fattibile. Troppi i contraccolpi con la linea teologica e antropologica da sempre rispettata dai pontefici. Fino all'anno scorso il peso morale del grande teologo che abitava sul monastero vaticano Mater Ecclesiae, pontefice fino alle dimissioni del 2013, ha funzionato da deterrente a tanti strappi, una sorta di argine implicito, di linea Maginot.

Venuto però a mancare Ratzinger è stato certamente più semplice per la parte riformista della Chiesa portare avanti il vento delle novità che si è concretizzato – emblematicamente – proprio nella benedizione alle relazioni dello stesso sesso. Il provvedimento è stato firmato dal nuovo prefetto del Dicastero della Fede, il cardinale e teologo argentino, Fernandez il mese scorso causando uno smottamento mai visto finora. In curia assicurano che un testo del genere i precedenti prefetti del Dicastero, tra cui il cardinale gesuita Ladaria, andato in pensione allo scoccare dei 75 anni, non lo avrebbero mai firmato. In pentola adesso bollono già altre riforme, a cominciare dal diaconato femminile, altro argomento ritenuto fondamentale per i progressisti tedeschi (da tempo sul piede di guerra con chi incarna la rigidità romana). 

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Stamattina in basilica a ricordare l'eredità trasparente e di peso che ha lasciato Benedetto XVI al mondo c'era eccezionalmente il segretario personale, monsignor Georg Gaenswein, spedito da Papa Francesco in Germania senza incarico e sfrattato dal suo appartamento in curia. Nell'omelia della messa a San Pietro - ad un anno dalla morte di  Ratzinger - don Georg ha sottolineato: «Restiamo uniti anche con Benedetto XVI, sinceramente grati a Dio per il dono della sua vita, la ricchezza del suo magistero, la profondità della sua teologia e l'esempio di questo 'semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore». Queste ultime sono state le parole pronunciate nel 2005 da Benedetto XVI al momento della sua elezione a Pontefice. Una citazione non casuale visto che nei circoli teologici e all'interno del collegio cardinalizio ultimamente è stata ripescata la storica omelia di Ratzinger - preparata quando era ancora decano del Sacro Collegio -  per la "Missa pro eligendo Romano Pontifice". In modo profetico aveva messo lucidamente in evidenza la sfida epocale dei prossimi decenni sul relativismo etico e religioso. Il testo recentemente è stato anche ripreso dal cardinale cappuccino Cantalamessa e suona come una profezia terribile. Ratzinger implorava a tornare ai fondamentali. In basilica, oltre a monsignor Gaenswein vi erano una sessantina di concelebranti e diversi cardinali. 

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Cosa sosteneva Ratzinger nell'omelia del 18 aprile 2005, considerata una pietra angolare? Egli descriveva la situazione dottrinale nella Chiesa portando l’attenzione sul tema del relativismo per definire il cammino che la Chiesa avrebbe dovuto percorrere se non voleva lasciarsi guidare dalle ideologie, rimanendo ancorata alla guida dello Spirito. «Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa» non significa «fondamentalismo» ma fare argine al relativismo, cioè il lasciarsi trasportare «qua e là da qualsiasi vento di dottrina». Il rovescio della medaglia di questa «fede chiara» porta a uno stato in cui «si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie». Per Ratzinger la «dittatura del relativismo» era quella centrata sull’«io» e sui suoi «desideri» che vanno sempre soddisfatti. E per permettere che l’«io» rimanesse al centro occorreva trovare una «ideologia» di appoggio, arrivando così a lasciarsi trascinare dalle «correnti ideologiche» e dalle «opinioni alla moda».

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Ratzinger metteva poi in guardia dal fatto che chi avesse difeso la fedeltà al deposito della fede sarebbe stato tacciato di «fondamentalismo».Per il grande teologo bavarese era «adulta» una fede che non segue le onde della moda e l’ultima novità. «La fede profondamente radicata è nell’amicizia con Cristo. Ed è questa fede – solo la fede – che crea unità e si realizza nella carità».

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