Terni, il vescovo invita alla raccolta firme per la legge sul battito fetale. La Cgil: «Come l'Ungheria di Orban»

Terni, il vescovo invita alla raccolta firme per la legge sul battito fetale. La Cgil: «Come l'Ungheria di Orban»
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Martedì 12 Settembre 2023, 09:00

TERNI Aborto, raccolta firme Pro Vita. Obbligo dei medici a mostrare il battito del feto prima di procedere all'interruzione di gravidanza. Appello della diocesi di Terni Narni Amelia a firmare, ha scatenato aspre polemiche. A scendere in campo anche il Pd Terni. 

«La Diocesi Terni Narni Amelia - hanno scritto il segretario del Pd Terni Pierluigi Spinelli e della vicesegretaria Claudia Polli in una nota - nella home page del suo sito fa un appello in favore della raccolta firme di Pro vita e famiglia, che vorrebbe modificare la legge 194 del 78 ‘obbligando’ i medici che si apprestano a praticare una ivg a mostrare ‘tramite esami strumentali’ gli embrioni e a farne ascoltare il battito cardiaco.
La legge in questione è sempre più disapplicata, e lo è quasi completamente in alcune zone in cui sussistono maggiormente sacche di disagio sociale de economico, mentre nelle intenzioni del legislatore era tesa alla tutela delle donne, spesso costrette a ricorrere a sistemi arcaici e pericolosi, con drammatiche conseguenze.

‘La finalità – si legge – è quella di accrescere la consapevolezza delle donne’, ma le donne sanno bene quanto la ivg sia una scelta difficile, a volte sofferta, a volte pressoché l’unica e dunque tutt’altro che un’azione passiva, ma anzi una scelta vera e propria, sul proprio corpo e per il proprio futuro.

Nei secoli scorsi in Italia (e purtroppo in molte zone del mondo oggi) le donne venivano poste sotto la tutela del padre, o del marito, di un fratello, comunque di un uomo della famiglia perché ritenute in qualche misura ‘inconsapevoli’, non responsabili delle proprie azioni, non in grado di affrontare e valutare da sole le scelte che la vita comporta.

Una donna che sceglie di interrompere una gravidanza ha il diritto di essere trattata senza paternalismo, ma come una cittadina del tutto consapevole e padrona del proprio corpo e delle relative scelte.

Perciò, pur nell’assoluta certezza che Vescovo e Diocesi agiscono mossi da lodevoli intenzioni e avendo a cuore il bene della comunità credente che rappresentano, auspichiamo una ulteriore attenta riflessione su questo tema della massima delicatezza, e che possano togliere il loro appoggio all’iniziativa di un’associazione come quella citata, che niente c’entra col diritto alla vita, che è un valore del tutto condivisibile e condiviso, anche a beneficio di tutte quelle donne e quelle comunità che pur non credenti, vivono, lavorano, operano tenendo cari i valori dell’importanza della vita umana, dell’uguaglianza, della tolleranza, dell’inclusione e della solidarietà. In ultimo, esprimiamo vicinanza ai medici, che già operando in un contesto sempre più complesso, subiscono continuo stigma verso un lavoro che svolgono con correttezza e umanità, nei limiti delineati dalla legge».
 

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