Spese pazze in Regione, la procura generale riporta Buconi in tribunale: «Soldi pubblici usati per fini personali»

Palazzo Cesaroni, sede dell'Assemblea legislativa dell'Umbria
di Egle Priolo
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Venerdì 8 Luglio 2022, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 08:42

PERUGIA - Spese pazze in consiglio regionale: la procura generale non ci sta. E riporta Massimo Buconi in tribunale. Il già sindaco e assessore provinciale, infatti, era stato prima condannato e poi assolto in appello dall'accusa di peculato per l'utilizzo dei fondi erogati per il funzionamento dei gruppi consiliari nel 2011-2012, quando era presidente del gruppo Socialisti e riformisti per l'Umbria.

La sentenza di assoluzione, firmata dalla corte presieduta da Giancarlo Massei, è dello scorso 22 febbraio e in 55 pagine spiega i motivi per cui cassare la condanna a un anno e 10 mesi con pena sospesa ma interdizione dai pubblici uffici di pari durata. La Corte d'appello ribadisce più volte in sentenza di non ritenere «condivisibile l'affermazione di responsabilità cui il gup è pervenuto» e smonta – scontrino per scontrino – l'accusa di peculato per quei 27mila euro e spicci spesi tra pranzi, cene ed eventi politici considerati però fittizi. Non solo dalla procura, ma adesso anche dal procuratore generale Sergio Sottani che ieri ha comunicato di aver proposto ricorso in Cassazione contro l'assoluzione di Buconi. Una nota di palazzo del Capitano del popolo, infatti, sottolinea come la Corte d'appello avrebbe «erroneamente valorizzato le dichiarazioni autoassolutorie dell’imputato, mentre invece dalle dichiarazioni testimoniali e dal carattere periodico del pagamento delle prestazioni emerge come le spese sostenute, e poi rimborsate con fondi pubblici, non fossero finalizzate ad attività istituzionali, ma venissero destinate a fini politici e personali». Secondo Sottani, «le spese sostenute e poi rimborsate non venivano utilizzate, così come imposto dalla normativa di riferimento, per accrescere il prestigio dell’ente regionale verso la collettività o ad informare la collettività dell’attività dell’ente stesso. Inoltre gli impegni di spesa non recavano alcuna indicazione causale quanto all’occasione giustificativa, senza neanche una minima allegazione idonea a fornire un principio di riscontro». Da qui il ricorso, con l'avvocato Francesco Falcinelli pronto a dimostrare nuovamente la correttezza di Buconi, forte anche dell'assoluzione davanti alla Corte dei conti.
Ma la procura generale ha dichiarato guerra ai reati contro la pubblica amministrazione.

E sempre ieri ha annunciato un secondo ricorso contro l'assoluzione del responsabile di un centro medico dall’accusa di concussione «relativamente a presunti favori in ambito sanitario, rappresentati anche dall’assunzione di una dipendente presso una struttura sanitaria privata nel corso della procedura di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di una nuova struttura sanitaria per venti posti di riabilitazione extra ospedaliera». In questo caso, il pg Sottani sottolinea l'aver «erroneamente ignorato» da parte dei giudici di secondo grado «il contenuto delle dichiarazioni e delle intercettazioni telefoniche dalle quali sembra emergere come il procedimento amministrativo per il rilascio dell’autorizzazione veniva volutamente ritardato dal responsabile, con lungaggini burocratiche e con una pretestuosa richiesta di integrazione istruttoria, proprio al fine di costringere la casa di cura privata ad affidare l’incarico di responsabile dell’organizzazione e gestione delle attività terapeutiche all’imputato, quale responsabile del cento medico ed amico del funzionario regionale, a sua volta responsabile del procedimento amministrativo. Lo stesso rapporto di amicizia tra il funzionario regionale ed il responsabile del centro medico avrebbe consentito, sempre ad avviso della procura generale perugina, l’assunzione di una loro amica presso la casa di cura privata». Abbastanza, insomma, per riportare tutti davanti a un giudice. La parola, adesso, passa agli ermellini.

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