TERNI «Dopo 7 mesi dall’inizio della pandemia in Italia, decido di andare a trovare i miei genitori, complici alcuni impegni da sbrigare e il periodo tranquillo fuori emergenza. Torno quindi a Terni e con l’occasione mi sottopongo a tampone e a esame sierologico. Il primo dà esito negativo ma il secondo test è chiaro e ufficializza quanto supponevo: ho avuto il Covid. Non è stata quindi una sorpresa. E’ stata, invece, una sorpresa vedere nel referto che, dopo oltre 6 mesi dai primi sintomi, avevo un livello di anticorpi ancora alto». La storia di Tommaso Taddei, giornalista specializzato nella comunicazione digitale, di origine ternana ma che da anni vive a Lodi, è a lieto fine: ha potuto abbracciare di nuovo la sua famiglia, nonostante avesse subìto la prima, dura ondata pandemica nella città lombarda, proprio a pochi km dalla zona rossa di Codogno.
Ma ora la sua storia si arricchisce di alcuni particolari: «Mi sono sottoposto al test il 28 settembre scorso, perché prima, tra lavoro e impegni vari, non ho potuto e non mi sembrava ormai fondamentale.
Tommaso, dopo un lungo periodo post Covid in cui ha sofferto dolori muscolari e articolari, confusione mentale e debolezza generale, ha voluto approfondire questo tema (chiamato dalla comunità scientifica “Long Covid”) e ha incontrato centinaia di persone che hanno vissuto esperienze simili alla sua in un gruppo Facebook chiamato “Noi che il Covid lo abbiamo sconfitto”: «Finita la malattia, subito dopo ad aprile, ho incominciato ad accusare disturbi strani. Avevo difficoltà ad articolare bene gambe e braccia, a parlare e avevo forti dolori al corpo. Fitte profonde. Tutto per fortuna passato ma ci sono voluti mesi. Ho ancora un disturbo: mioclonie diffuse e fascicolazioni riconducibili indirettamente alla malattia perché, secondo i medici, sono dovute allo shock traumatico vissuto a marzo in completo isolamento e senza assistenza a Lodi».
Ora vuole dedicarsi ai prossimi malati che hanno difficoltà a recepire informazioni e che non hanno ben chiaro quali esami fare: «Ancora oggi non esistono in alcune regioni come l’Umbria un protocollo di follow up da seguire. Dopo il Covid, generalmente il paziente viene abbandonato, mentre in alcuni ospedali lombardi, per esempio, i medici ti assistono e ti fanno sottoporre a esami strumentali che sono fondamentali, soprattutto per l’ex malato ricoverato in ospedale, mentre in tanti altri questo controllo non si verifica. Per di più c’è ancora tanto scetticismo da parte dei medici di base riguardo ai sintomi post Covid e i pazienti devono essere insistenti per ottenere un iter di controllo. L’Italia è ancora indietro in questo. Il rischio è quello di trovarci tanti malati neurologici, cardiaci ecc. nei prossimi anni. Per questo ho deciso di creare un’organizzazione che possa dare conforto e assistenza alle persone che escono dalla malattia. Inoltre sto realizzando un piccolo progetto editoriale per sensibilizzare la società civile. Per far capire che il Covid è pericoloso, non solo quando lo hai in corpo, ma per i danni e i disturbi che ti lascia».