Velodrama, il rock alternativo è made in Roma

Velodrama, il rock alternativo è made in Roma
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Giovedì 7 Agosto 2014, 17:22 - Ultimo aggiornamento: 17:26
​Il 28 luglio hanno suonato a Capannelle al Rock in Roma Factory come opening act per il concerto degli Afterhours: sono i Velodrama, band romana di alternative rock che propone testi ruvidi e un sound che arriva dritto allo stomaco. Formati da Stefano Pilloni alla voce e alla chitarra, Flavio Gianello alla chitarra solista, Corrado Ciaccia al basso e Fabio Cesarini alla batteria, hanno da pochi giorni messo in rete la loro ultima fatica, il video della canzone “Lontano dai nidi di mosche”.



Stefano, come sono nati i Velodrama?

«Quando ho chiuso Rimbaud, il progetto pop rock nel quale ero impegnato, ero consapevole di dover ricominciare tutto dall’inizio. Rimbaud ha avuto una durata breve e le canzoni che ho scritto in quel periodo si sono lentamente modificate e sono maturate, costituendo poi le radici dei Velodrama. Dopo lo scioglimento del gruppo ho chiamato Corrado (il bassista) e Fabio (il batterista) e gli ho proposto alcuni brani per iniziare un nuovo lavoro insieme. Siamo usciti con il nostro primo EP “Introspezione” che aveva delle sfumature underground ed era un prodotto difficile da proporre al pubblico. Partendo da lì e con l’aiuto di Flavio, il nuovo chitarrista, abbiamo iniziato un percorso di crescita sia sul piano musicale che su quello dei testi che ci ha portato fin qui».



Che tipo di lavoro fate sui testi?

«Generalmente porto il pacchetto già completo di musica e testi e successivamente lavoriamo insieme sull’arrangiamento. Loro condividono sul piano concettuale i miei testi e siamo tutti d’accordo sul messaggio da declinare, altrimenti non avremmo scelto un percorso così duro da fare insieme. Siamo una famiglia e lavoriamo in sinergia, cercando di bilanciarci ma stando sempre sulla stessa lunghezza d’onda. Ovviamente, i testi sono fruibili per tutti e hanno vari livelli interpretativi: sta a chi ci ascolta decidere cosa prendere».



Qual è il tuo rapporto con la scrittura?

«I miei sono lavori che nascono di getto. Non c’è un lungo studio dietro e probabilmente è per questo che scrivo i testi in maniera molto rapida. Non perdo tempo a riflettere sul come e sul perché scrivere o sul se utilizzare alcune parole piuttosto che altre. È un lavoro molto istintivo, autentico. Credo che l’istinto nell’arte sia fondamentale. Nella mente si formano delle immagini grazie a quello che tutti i giorni vedi e senti e questi disegni pian piano si strutturano da soli, diventando musica e parole».



Siete usciti da pochi giorni con il nuovo video, “Lontano dai nidi di mosche”, canzone che fa parte dell’EP “La terra di nessuno”. Chi sono le mosche?

«Questi insetti, disprezzati perché abituati a poggiarsi sugli escrementi, li abbiamo voluti assimilare a chi ricopre ruoli di potere in maniera indegna. Si tratta dei media, della società come la conosciamo oggi, i ministri, presidenti e di tutta la piramide di ruoli di potere che abbiamo sotto gli occhi dalla mattina alla sera».



Non si rischia di generalizzare troppo in questo modo?

«Capita che mi venga detto che sono un qualunquista. Eppure credo che la società, quando si confronta con una persona che non è schierata ma sa ragionare con la propria testa, ha paura. Non essere di parte vuol dire prendere una posizione che non sia dovuta o causata dall’orientamento politico, ma solo da quello che si crede sia giusto».



Nel video appare una pistola con un nastro tricolore. È un’immagine molto forte: è una provocazione?

«Quando scrivo le scene dei nostri video tendo a strutturare dei quadri più che a riflettere su cosa fare o non fare. Si è trattato anche in questo caso di un gesto che nasce istintivamente e con naturalezza. In una società come quella che in cui viviamo non c’è più niente che possa realmente scioccare o far paura. Spesso poi ci si concentra troppo sulle piccole cose e poco sulle cose veramente gravi. Ovviamente è anche vero che le immagini hanno di bisogno di essere forti per catturare l’attenzione. Una volta che si ha l’interesse del pubblico, però, il messaggio vero arriva con il testo. Nietsche diceva “tutte le grandi cose inizialmente devono indossare maschere mostruose e terrificanti per potersi imprimere nel cuore dell’umanità. Noi crediamo sia così».



Nel testo di “Lontano dai nidi di mosche” si parla di eroi. Chi sono per voi e quali personaggi credete che siano reputati eroi al giorno d’oggi?

«L’eroe è quello che si alza la mattina e torna a casa la sera tardi, sporco e felice, abbracciando la sua famiglia nonostante tutte le difficoltà. Eroe è chi dona la sua vita, colui che assiste gli altri e combatte senza arrendersi. Oggi la visione degli eroi è distorta e trova la sua massima espressione in un mondo che non è reale. Si reputano eroi personaggi che di eroico hanno ben poco, come i personaggi che popolano il mondo dello spettacolo. “L’isola artificiale”, uno dei testi dell’album che presto uscirà, affronta proprio questa tematica».



Utilizzate una maschera da clown che appare anche nel video appena uscito. Come mai?

«L’idea di utilizzare una maschera nasce dal voler trasformare la figura dei Velodrama in un’icona senza utilizzare però una simbologia troppo ovvia. Per noi il clown rappresenta chi potrebbe cambiare le cose ma non lo fa. Allo stesso tempo, vogliamo dire che in mezzo a tanti clown ce ne sono alcuni che non vogliono più sottostare alle regole del gioco e hanno deciso di dire qualcosa, senza farlo in maniera politicizzata ma in modo libero, raccontandolo con il mezzo più potente, la musica».



Qual è il messaggio dei Velodrama?

«La nostra è musica per il cervello” dice Pierpaolo Capovilla (front man de Il Teatro degli Orrori ndr). Noi vogliamo urlare alle orecchie e alla mente delle persone che questo Paese deve rimettersi in piedi e risolvere i suoi problemi. L’Italia è uno dei posti più belli del mondo e la cultura che abbiamo è impossibile da trovare in qualunque altra parte del mondo. Con il nostro rock vogliamo dare a tutti una scossa emozionale e dire a ognuno: “Svegliati! Reagisci”».



Qual è l’antidoto a questo periodo di crisi?

«È smettere di seguire il gregge e iniziare a pensare con la propria testa. Bisogna cominciare a guardarsi intorno e rischiare nonostante la società in realtà non lo permetta. Questo è l’antidoto: seguire la propria voce. Bisogna alzarsi e combattere per quello che si vuole».



Cosa faranno i Velodrama nel prossimo futuro?

«L’uscita del nuovo album è prevista per la fine dell’anno. Questo nostro lavoro, molto più aggressivo dell’ultimo EP, avrà delle nuove atmosfere e sonorità. Intanto ci prepariamo per i concerti: il 17 agosto suoneremo a Massa Marittima e a settembre è prevista una data romana. Sentirete presto parlare di nuovo di noi».
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