Zio Vanja, famiglia in crisi tra sospetti, veleni e tradimenti: un arcobaleno distruttivo di personalità

Il Teatro Stabile dell’Umbria mette in scena uno spettacolo che riflette sulla natura dell'uomo

Zio Vanja, famiglia in crisi tra sospetti, veleni e tradimenti: un arcobaleno distruttivo di personalità
di Alessandro Rosi
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Sabato 13 Aprile 2024, 07:16 - Ultimo aggiornamento: 08:00

“Gli uomini tendono alla distruzione, non è così?”. Non si può che essere d’accordo con la protagonista Elena. Nella famiglia Vanja sono troppi a vivere sotto le stesso tetto. Nove. L’equilibrio salta presto. Tradimenti, veleni e inganni li aspettano. Gli attori si presentano seduti su un panca dietro una parete di tavole di legno. Uno di fianco a l’altro. Ognuno con le proprie sfumature. Con le proprie convinzioni e illusioni, pronte a essere distrutte. Ognuno con il proprio colore. Giallo, celeste, rosa, salmone, marrone. Nello “Zio Vanja” di Leonardo Lidi al Teatro Vascello ogni personaggio ha una sua tonalità. Un suo modo di pensare e ragionare. Ma ben presto questo arcobaleno sarà distrutto.

Come l’integrità dei sentimenti di Elena, giovane sirena spenta.

Può sedurre chiunque con la sua bellezza, ma ha deciso di rinunciarvi. Sposata con l’anziano professore Aleksandr, preferisce esser fedele che cedere alle tentazioni. “Gli uomini tendono alla distruzione”, dice al medico Michail che la corteggia. Vorrebbe una vita con lui, un amore impetuoso. Che la soddisfi. Ma non ha abbastanza coraggio per cambiare vita. Troppo “vile”, come sottolinea Ilaria Falini che la interpreta magistralmente. Ma lo scontro interiore esplode quando cede alle lusinghe di lui. Sembra così che abbia superato quegli ostacoli che la frenavano. Non lo è.

E vale lo stesso per il dottore, impegnato anche lui in un battaglia con il proprio io. Non vede “una luce nell’oscurità” della sua esistenza. Il lavoro lo ottenebra. E allora eccede, beve, balla, canta. Mario Pirrello danza sul palco. Lo stato euforico delle emozioni vissute dal suo personaggio arriva con potenza travolgente. Senza però trovare soddisfazione in lui.

Ma in tutto ciò, come reagisce a questa situazione il marito di Elena? Si cala le brache. Letteralmente. Soffre di gotta e così si controlla gli arti inferiori. Questo gesto, che suscita le risate degli spettatori, mostra in realtà la sua condizione. Chiuso la maggior parte del tempo nel suo studio, circondato dai libri, è impotente di fronte alla fascino seducente di sua moglie. E anche nell’atto sessuale fallisce miseramente. Nulla sembra poter salvare Elena, Michail e Aleksandr. E lo stesso vale per gli altri due protagonisti Sofia e Ivan Petrovic, intrecciati ma anche opposti (vuoi per modo di pensare o rivalità in amore) a loro. A contendersi Elena, infatti, sono in due. Lo zio Vanja è rapito dalla sua bellezza. Se ne innamora e vorrebbe catturarla con la sua intelligenza. Ma non ci riesce. Nella stessa condizione la figlia di primo letto del professore, che è infatuata di Michail. Anche lei soffre per un amore non corrisposto. “Mi dicono che sono brutta”, dice una struggente Giuliana Vigogna nei suoi panni. Ma non si rassegna nel cercare di conquistare il suo cuore, in un vorticoso gioco a rincorrersi che si concluderà con una scoperta sconvolgente. 

Cosa resta a Ivan e Sofia? Solo la speranza di un aldilà. Che la religione sia davvero l’unica salvezza dopo una vita di lavoro? “Ti potevi anche aumentare lo stipendio se volevi”, arriva fredda e amara l’ultima beffa del professore nei confronti dello zio Vanja. Lui, che per una vita ha lavorato per gli altri ora scopre che non è servito. L’inganno finale. Rimane senza amore, senza soldi, senza speranza. Ma non senza ridere. Quello nessuno glielo potrà togliere. “Tanto la gente pensa che io sia pazzo”. Anche il pubblico, in fondo, si sente parte di una follia collettiva. E non crede ai suoi occhi quando vede un cane gironzolare (per tutto lo spettacolo) attorno al palco. Così gli spettatori restano seduti, come gli attori di fronte, e si sentono anche loro parte della famiglia Vanja.

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