CAPELLI E RICCI
Ad aver sorpreso gli archeologi è proprio il «tipo» di Apollo: la capigliatura è decorata con una fascia, intorno a cui appaiono arrotolate grandi ciocche di capelli, lavorati con un virtuosismo calligrafico dei dettagli. «Da un punto di vista stilistico la testa si colloca nella piena età imperale, e la resa plastica del marmo ricorda le opere in bronzo: quasi sicuramente la testa è una copia romana di una statua greca bronzea», avverte Fortini. Non solo. La tipologia decorativa del reperto è vicina alle teste di Apollo in terracotta d’età augustea provenienti dalla zona della Casa di Augusto, oggi al Museo del Palatino. E sono così tipici di Apollo i lineamenti femminili, quasi androgini: tanto che appena tirata fuori dalla terra era stata scambiata per Diana. «Non sono molte le testimonianze di nuovi documenti statuari - riflette Fortini - la testa è la prima scoperta importante degli ultimi anni che arricchisce il panorama delle conoscenze sulla statuaria d’età imperiale legata al contesto di Foro e Palatino». Non un’area qualsiasi: qui viveva l’imperatore di Roma, batteva il cuore politico, e qui una statua di Apollo rivestiva un significato forte per un culto legato ad Augusto, ai primi imperatori e alla corte imperiale. Inoltre, la scoperta è avvenuta in un punto cruciale dell’antica strada, area che nel corso dei secoli ha subito modifiche urbanistiche, soprattutto dopo il terribile incendio di Nerone. «Non ci aspettavamo di ritrovare un reperto così straordinario in un contesto come questo», dice Fortini. Il condotto sotto la Via Sacra (lungo 330 metri) era stato scavato nel 1900 da Giacomo Boni. E i lavori di restauro oggi seguono proprio le piante e sezioni lasciate dal famoso archeologo.
L’ESPLORAZIONE
L’esplorazione del condotto sotto la Via Sacra è uno dei punti chiave del più complesso e articolato piano di revisione dell’antico sistema fognario di tutta l’area archeologica centrale. «La fognatura sotto la Via Sacra ha una datazione variabile dal I secolo a.C. all’età augustea, con restauri antichi di età imperiale - sottolinea l’architetto della Soprintendenza Maria Grazia Filetici responsabile del progetto - I lavori avviati in questo settore rientrano in un progetto di messa in sicurezza del sistema di smaltimento delle acque, sia meteoriche sia nere, per evitare che l’acqua continui a corrodere le strutture archeologiche». Edoardo Santini, l’archeologo che ha materialmente scoperto la testa (assistendo i lavori eseguiti dalla ditta Archedim), la definisce una «fortuita coincidenza». Ma a lui si deve l’intuizione e la tenacia. Quella mattina presto, Santini si è calato nel condotto largo 1 metro per intervenire su un tratto murario della fogna a circa 20 metri dall’Arco di Tito, che aveva subito pesanti distacchi. Da immaginare la situazione: buio, fioca luce di torcia, ad una profondità di oltre tre metri e mezzo. «Mi sono accorto che dietro il muro c’era la tana scavata da un topo - ricorda Santini - mi sono infilato e ho provato a ripulire la cavità. Muovendo la terra è cominciato ad uscire qualcosa che faceva da parete alla tana». Prima i capelli, poi gli occhi. La tenacia è stata premiata. Dopo il restauro, l’Apollo sarà esposto.
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