Rancore in scena all'Atlantico: «Il mio rap semi-fantasy»

Rancore in scena all'Atlantico: «Il mio rap semi-fantasy»
di Simona Orlando
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Domenica 16 Aprile 2017, 11:06 - Ultimo aggiornamento: 19 Aprile, 19:07

È paradossale che in un periodo in cui il rap s'è fatto imperatore, spartendosi classifiche e spazi tv e facendosi rappresentare anche da chi con lui ha poco a che fare, Rancore sia rimasto a regnare nel sottomondo e non gli sia stato dato ufficialmente un trono. O forse è proprio questo stare fuori dal circuito commerciale a garantirgli una certa purezza. Romano del quartiere Tufello, classe 89, da dieci anni scarica rime intelligenti, milioni di views sul Tubo, collaborazioni con il Fedez degli esordi, Marracash, Deleterio e Murubutu. Dopo i sold out di Milano, Bologna e Torino, il 22 aprile sbarca all'Atlantico di Roma con il suo Gusbumps Show, dove il rap incontra teatro e illusionismo, in uno spettacolo semi-fantasy: «Porto sul palco i miei demoni, a cui ho attribuito un costume e uno strumento. Mi aiutano a controllarmi e mi vengono contro, aumentando il loro attacco al Rancore» ci racconta.

GLI INIZI
Rancore, il sentimento che teme e che indossa, come fa Batman con le ali da pipistrello. Ha iniziato a 14 anni, senza social e pagandosi il treno per andare a fare battaglie di freestyle: «Oggi il rap è una comunicazione che prescinde dalla lingua e dal paese in cui è fatto. Nasce ovunque ed è positivo, se la spinta motivazionale resta più forte della voglia di visibilità a tutti i costi». Testi mai banali, intensi al punto che a 27 anni sembra averne cento, è uno di quelli cresciuti ad autoproduzioni e sacrifici: «Ho accettato i chiaroscuri della musica e compreso la sua complessità, la sua delicatezza alchemica, quasi santa. Bisogna averne rispetto e saperla maneggiare, perché è un elemento dell'aria, come lo spirito. E' come autocoltivarsi: se la innaffi tutti i giorni cresce, altrimenti si secca».

ESPRESSIONE
La musica come autentica urgenza espressiva e azione, prima ancora che intrattenimento, per questo lui ha contrapposto l'In street all'In store, preferendo suonare abusivamente per strada invece che nei negozi dove spesso si agganciano i clienti con l'amo del firmacopie. E per lo stesso motivo parla nelle scuole, dove è richiestissimo, e gli studenti approfondiscono il suo hip hop ermetico, multilivello, scoprono autori grazie alle sue citazioni poetiche, da Ungaretti ad Antonia Pozzi, «una vicina di solitudine, di una profondità e sofferenza unica». Finalmente Rancore ha deciso di lavorare a un libro che raccolga testi e pensieri, che non nascono per semplice assonanza e slegati dai contenuti. La scrittura per lui è farmaco salvavita e matematica emozionalizzata: «Il rap rompe e ricostruisce le parole in cui abbiamo incastrato la realtà. Se rompo le parole, rompo la realtà. Se ti fidi di loro, la verità fuoriesce e ne comprendi il suono».

Non ha preclusioni. Ha partecipato a MTV Spit e al film Zeta, ma se non lo cercano, continua a camminare sul territorio, che nel rap è croce e delizia, luogo da cui fuggire e rifornitore di bile necessaria a ricaricare la biro: «Ogni volta che torno a casa ho la sensazione che quello sia lo scrigno dove stanno tutti i segreti, trovare la mia quiete nel mio luogo».

Il suo vero nome è Tarek Iurcich, padre croato e madre egiziana: «Mi hanno trasmesso il senso di un mondo di infinite possibilità. Scrivo per viaggiare da fermo, avere una libertà fra quattro mura e al completo buio». Se gli chiedi con chi vorrebbe collaborare, risponde Giorgio Canali, ex CCCP e CSI. E' finito il sodalizio con Dj Myke, con il quale ha realizzato pezzi preziosi come Capolinea, Lo Spazzacamino e Sunshine, riconosciuto come uno dei brani più belli del rap italiano. Il futuro è incerto: «Il mio avvenire è oggi. Vivo ogni frase come l'ultimo desiderio e ogni concerto come conclusivo. Ho curato lo show all'Atlantico come fosse un disco, perciò ha senso venirlo a vedere». Ogni rima di Rancore è una formula magica per seminare gli enti predatori e per toccare la luce, in questo mondo dove devi generare un sole che sennò non vedi. Canta: «Da piccolo mi dissero che quella stella fissa sopra il cielo spesso danza, per questo chi sta fisso sul terreno ha speranza».

Atlantico, viale dell'Oceano Atlantico, tel: 06 591 5727, ore 22

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