Mannarino in concerto a Capannelle: «Per stupire ho studiato la tromba»

Mannarino in concerto a Capannelle: «Per stupire ho studiato la tromba»
di Marco Molendini
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Giovedì 6 Luglio 2017, 19:24 - Ultimo aggiornamento: 7 Luglio, 18:17

Voglia di musica: per Alessandro Mannarino è questione di vita. «Quello che mi rende felice è inventare cose che prima non c'erano» racconta. Ecco perché , pur essendo reduce da un giro di concerti di indubbio successo, ha scucito quello show per montarne un altro. Anzi, ha fatto di più per il suo ritorno, stasera a Rock in Roma, ha inventato una giornata di musica che ha battezzato Roma-Rio, tanto per spiegare le coordinate lungo cui si muove. «L'idea - spiega - è di far rivivere quello che c'è nel disco Apriti cielo e fare un incontro fra i musicisti che vi hanno partecipato, ma invitandone anche altri sulla base di una frase famosa detta dal grande poeta brasiliano Vinicius de Moraes per il quale «la vita è l'arte dell'incontro».

E, allora, Alessandro, come funziona la giornata.
«Alle 7 si comincia con Lavinia Mancusi, interprete di musica popolare che lavora anche con me. Poi ci saranno gli amici dell'Orchestraccia e un cantautore generazionale brasiliano come Rogè. In mezzo, fra un set e l'altro, si esibirà una formazione di batuqueiros che vivono qua a Roma, i Mistura Maneira. Poi toccherà a me, intorno alle 22 con la mia superband».

Rispetto al concerto del Palalottomatica cosa ci sarà di diverso?
«Molte cose, non ce l'avrei fatta a rifarlo uguale dopo 20 date. Saranno nuovi gli arrangiamenti, la scenografia, lo spirito. Il principio è che la ricerca va sempre avanti pensando a cose nuove, a sperimentazioni da testare, a nuova musica da scrivere . Infatti ho già in cantiere un nuovo disco».

Viene da immaginare che sarà ancora di più orientato verso suoni e climi tropicalisti.
«No, sarà completamente diverso. Sto lavorando molto su sperimentazioni elettroniche miscelate con strumenti acustici con un linguaggio assolutamente contemporaneo. Userò musicisti francesi e americani e io sto provando a suonare anche altri strumenti».

Per esempio?
«Mi sono messo a studiare la tromba. Diciamo che ho appena iniziato, ma l'altro giorno sono riuscito a fare un pezzo standard non facile come My funny valentine, da solo. Mi piacciono le sonorità alla Miles Davis e Chet Baker, dove senti l'identità profonda delle persone. Il suono ti deve rappresentare. Succedeva così con i grandi musicisti neri di jazz, per i quali la musica è stata uno strumento di libertà».

Che sensazione prova quando ascolta i suoi vecchi dischi?
«Mi accorgo che sono pieni di errori. Anche nell'ultimo ci sono pezzi che oggi avrei fatto in modo diverso. La verità è che le canzoni subiscono sempre una sorta di maturazione, mano a mano che le suoni. L'impressione positiva, però, è che ti senti migliorato, e ora mi accorgo che nei primi dischi ero più ingenuo. Oggi ho anche il vantaggio di potermi permettere il lusso di fare prodotti più curati».

È il frutto del successo.
«Ma per me il successo è proprio questo, poter scegliere musicisti bravissimi con cui suonare, avere più tempo per dedicarmi a un progetto, usare tecnici più bravi. Insomma, poter esprimermi al meglio. Io non sono una che fa marchette. Ho sempre speso moltissimo per montare i miei spettacoli. Forse anche per questo sono piaciuti».

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