Cat Stevens: «Oggi stiamo andando in un'era in cui a scrivere canzoni forse sarà l'intelligenza artificiale»

L'autore di Father and Son sarà a Roma il 18 giugno, il nuovo album esce il 16

Cat Stevens: «Oggi stiamo andando in un'era in cui a scrivere canzoni forse sarà l'intelligenza artificiale»
di Mattia Marzi
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Venerdì 5 Maggio 2023, 08:24 - Ultimo aggiornamento: 08:38

Ama così tanto l'Italia, e Roma, che - dice - vorrebbe portarsi a casa un pezzo del Colosseo. La sicurezza dell'anfiteatro è avvisata, in vista del concerto che Cat Stevens farà nella Capitale il 18 giugno, sul palco della Cavea dell'Auditorium Parco della Musica, unico appuntamento italiano del tour mondiale legato al nuovo album King of a Land (che uscirà due giorni prima dell'evento, il 16). Quella del leggendario cantautore britannico è naturalmente una provocazione, ma che rende bene l'idea dello stretto legame che l'autore di Father and Son e Wild World ha con il nostro paese, dove manca da ben nove anni: «Amo l'Italia, amo il cibo, amo le persone. Sarà perché nel mio dna c'è qualcosa di mediterraneo (vero nome Steven Demetre Georgiou, il cantautore ha origini cipriote, da parte di padre, ndr). Non ho mai fatto il test, ma sono sicuro di avere sangue anche un po' italiano», dice.


IL RIFUGIO


King of a Land è il diciassettesimo album della sua ultracinquantennale carriera da oltre 100 milioni di copie vendute in tutto il mondo: «Mi sento fortunato a fare ancora questo mestiere, dopo tutti questi anni. Nell'era dello streaming, poi, non è facile. "Streaming" rimanda all'idea di flusso, ma qui per me siamo davanti a un diluvio. Anzi, a un'alluvione. Sono un po' confuso. Io continuo a fare la mia parte: scrivo canzoni e poi le porto sui palchi». Tra gli ultimi superstiti di un mondo che sta pian piano scomparendo, l'età d'oro del cantautorato rock, quello degli anni a cavallo tra i '60 e i '70, Cat Stevens - 75 anni a luglio - racconta di sentirsi quasi fuori posto nel panorama discografico attuale: «Negli Anni '70 c'era una ricchezza nelle composizioni e nelle idee: era tutto nuovo, non c'era niente di già detto o già sentito. Oggi stiamo andando in un'era in cui a scrivere canzoni forse sarà l'intelligenza artificiale. Io mi rifugio nelle cose che ascoltavo negli Anni '70». Chissà se agli artisti di nuova generazione sia concesso incidere per un disco un pezzo lungo 18 minuti, come fece nel 1973 Cat Stevens in Foreigner, l'album che scrisse quando lasciò il Regno Unito per andarsene in esilio fiscale in Brasile: «Direi di no - risponde lui - ci ha provato Bob Dylan a fare una cosa del genere e forse è l'unico a poterlo fare. Quel disco fu la mia reazione al successo. Finii quasi per ritirarmi». Fu uno dei colpi di scena di una carriera - e di una vita - sorprendente. Quattro anni dopo, reduce dal miracoloso salvataggio da un annegamento a Malibu, trascinato via dalla riva da una corrente fortissima e poi scaraventato sul bagnasciuga da un'onda che, assicura lui, fu mandata da Dio dopo le sue preghiere, si convertì all'Islam adottando il nome di Yusuf Islam: «Fu un momento grandioso: ebbi la certezza che Dio esisteva - racconta - cominciai a studiare le religioni».

Fino a quando David, il fratello maggiore, non gli portò da Gerusalemme una copia del Corano: «La mia vita l'ho raccontata nell'autobiografia che ho appena finito di scrivere: uscirà a breve», anticipa lui.


LA GENESI


Nel libro racconterà anche la genesi di una delle sue canzoni più celebri, Father And Son: «Stavo provando a scrivere le musiche per un musical sulla Rivoluzione russa. Volevo raccontare il ricambio generazionale. Putin e la guerra? È un tema delicato. Io mi tengo lontano da certi discorsi: nelle mie canzoni canto la pace». Nel singolo King of a Land, che dà il titolo all'album in uscita a giugno, Cat Stevens racconta la sua frustrazione per il mondo di oggi. Insieme alla canzone ha pubblicato un manifesto per Re Carlo III, esprimendo la sua speranza affinché l'erede di Elisabetta usi il suo potere per avere un impatto positivo sul futuro del paese e del mondo: «So che la musica non può risolvere i problemi del mondo, ma può contribuire a comprenderli».

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