Henry Lévi: «L'Europa
orfana del coraggio»

Il filosofo francese Bernard-Henry Lévy
di Nicole Cavazzuti
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Giovedì 10 Luglio 2014, 15:22 - Ultimo aggiornamento: 15:34
Una profonda riflessione sull’identit del Vecchio Continente, sui suoi demoni, le sue contraddizioni e le sue aspirazioni. Ecco Htel Europe monologo firmato dal filosofo europeo di origini e lingua francesi Bernard-Henry Lévy. Sarajevo: nella sua camera d’albergo un uomo (interpretato dall’attore francese Jacques Weber) deve preparare un discorso sull’Europa presente e futura, in occasione delle commemorazioni dello scoppio della guerra del 1914. Ma è bloccato, in preda a uno scontento interiore e indefinito. In prima assoluta, dopo l’anteprima del 27 giugno a Sarajevo,

Hôtel Europe debutterà oggi al Teatro La Fenice di Venezia.

Chi sono i principali responsabili del regresso sociale ed economico dell’Unione Europea?

«Siamo tutti responsabili dell’overdose di mediocrità, di durezza e di vigliaccheria che attanaglia l’Europa. Troppo facile incolpare i leader. I popoli hanno i governanti che si meritano. C’è chi sostiene che il Front National di Marine Le Pen abbia ingannato i francesi. Non sono d’accordo: i francesi sono consapevoli di quello che significa votare Le Pen, così come gli italiani lo erano quando votavano Berlusconi».

Il boom elettorale del Front National di Marine Le Pen è destinato a ripetersi anche nelle prossime presidenziali?

«C’è un tale malessere in Francia che non mi sento di escludere nulla. E lo dico con amarezza, perché amo profondamente la Francia. Marine Le Pen invece odia a tal punto il suo paese da volerlo vedere solo, debole e povero. Ora sostiene i dittatori arabi e si schiera con Putin in Ucraina, nonostante sia chiaro che Putin voglia destabilizzare l’Europa. Uno degli obiettivi di Hôtel Europa è proprio quello di bloccare l’ascesa del Front National, offrendo degli spunti di riflessione. Un tempo si diceva “Socialismo o Barbarie”, ora lo slogan dovrebbe essere “Europa o Barberie”».

Il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sostiene che è necessario sradicare i nazionalismi aggressivi e bellicisti. Concretamente, quali sono i primi passi per arginare il successo del Front National di Marine Le Pen e di Farage?

«Puntare su una politica estera comune. Penso, per esempio, alla creazione di un fondo federale per i disoccupati che non percepiscono più un indennizzo dal proprio paese. L’Europa deve garantire ai propri cittadini il diritto di non morire di fame o di freddo. E poi, auspico elezioni a suffragio universale diretto di un presidente degno di questo nome, perché l’Europa ha bisogno di un volto».

Lei ha da poco lanciato la petizione “One Million for Bosnia”. Perché la Bosnia Erzegovina dovrebbe entrare nell’Unione Europea?

«In Bosnia soffia quello spirito husserliano, kantiano, lévinasiano che è lo spirito stesso dell’Europa e che sta scomparendo. Un mix di laicità, democrazia e multietnicità. Di conseguenza, sono convinto che se la Bosnia entrasse in Europa sarebbe un buon esempio per tutti i paesi dell’Unione, nonché un’opportunità. Sarajevo dovrebbe diventare capitale d’Europa. Questa città è come la cura per la tubercolosi. O le cellule staminali. Instilliamo una cellula di Bosnia in ciascuno dei paesi europei minacciati dall’ondata di populismi, sovranismi, fascismi. E dappertutto ci sarà l’effetto Dolly, con un pezzetto di quel miracolo di civilizzazione rappresentato dalla quella Bosnia che crescerà e assorbirà le metastasi».

Sostiene che Matteo Renzi sia la nuova speranza per l'Europa. Quali errori deve evitare?

«Non deve lasciarsi intimidire dalla signora Angela Merkel né dalla BCE. Sia fedele alla lezione di Dante e di Goethe e mantenga le promesse di rigeneratore dell’Europa. L’unico vero rimedio alla crisi è una rivoluzione politica e culturale».

Lampedusa e il problema profughi?

«L’Italia sta dando prova di valore. Ma condivido l’appello di Papa Bergoglio, l’Europa deve essere più generosa e più coraggiosa».
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